il diavolo veste loro piana
se ne sorrideva soltanto venerdì con un cliente durante un meeting: “come va?” gli chiedo, e quello “male, ma infondo, manco gli oligarchi ormai se la passano bene.”
mancano soltanto i baffetti
attendiamo con ansia il momento in cui si inviteranno i russi a disintegrare le vetrine dei negozi ucraini e a bruciare sulla piazza rossa i libri di gogol’ e di kurkov
la stessa menzogna, lo stesso film
“guerre giuste”, “guerre sante”, “guerre patriottiche”, guerre che è necessario combattere fintanto che a combatterle rimangano i figli altrui.
il momento giusto
“Il 2022 ti ha già lasciato a piedi? pedala!” perché questa ciclopica opportunità sta passando senza venire colta? dove sono gli ambientalisti, le associazioni di categoria, i club ciclistici, i comuni virtuosi, i brand?
il cuore d’europa
è bello pensarlo proprio lì, proprio oggi, non è vero? che il “cuore d’europa” sia nel paese che più di ogni altro, negli ultimi anni, ha lottato per entrare nell’unione.
addio, follower
oggi è il giorno in cui, dopo un periodo di asprezze e di sospetti, rivalutiamo i social per quei nobili scopi che ne hanno accompagnato la creazione
nel mio silenzio
questo verso scritto e musicato cinquant’anni fa, riesce a cogliere con precisione il mio stato d’animo delle ultime due settimane
if we fall
la strategia di comunicazione ucraina ha subito oggi una variazione, virando dai sensi di colpa all’empatia fondata sulla prossimità geografica.
l’ineluttabile resa di davide
non avrebbe dovuto insorgere il ghetto di varsavia, né avrebbe dovuto resistere il popolo palestinese. resistere è lottare, non voler vincere la guerra
le cose del nemico
“hai mai provato a scappare nella notte con un pianoforte sulle spalle?” inventario di quello che porti e di quello che lasci.
un brindisi ai pensieri belli, uno a quelli brutti
ha preso la sua flotta di undici tir e ha organizzato a sue spese una tirata oltre il confine tra romania e ucraina. “ho sonno,” dice, “ci credo” gli rispondo
chi di maglia ferisce
matteo, damm-atrà: turn’indrè che l’è mej. che quando si fa la figura del pirla, è meglio tornare nella cuccia.
dall’alto
entra, l’ucraina, in una nuova fase del proprio annientamento: quella in cui la distruzione piove dagli aerei.
il soldato di spalle, un trolley
c’è qualcosa, in quel trolley, che rende l’immagine differente dalle centinaia che ci sono state proposte negli ultimi dieci giorni. ed è la totale assenza di speranza.
anche qui
come se la pace fosse appannaggio dei grandi centri, come se lo fosse la pubblica dimostrazione. ma chi può permettersi il lusso di non temere la guerra?
scarsità
la guerra ha molte forme. una delle quali è, a quanto pare, la scarsità. di benzina, come di di tutto il buono che il mondo ha da offrire.
la cancel culture ai tempi della guerra
far sentire isolata la russia ha senso. far sentire isolati i russi, no. isolare la cultura russa aprirebbe una ferita che impiegherebbe decenni a rimarginare.
first things — calcio, sempre
il guardian mica sta mettendo in highlight il live del liverpool. come l’nyt non propone in header il risultato tra cavliers e hornets.
il nemico, già
se qualcosa il buon gino strada ci ha insegnato, è che la pace non è mai “contro” qualcuno, ma soltanto contro la guerra.
putin huilo golden ale
dovessimo venire invasi io mi sposto al birrificio lambrate a organizzare la resistenza. altro che fucili. almeno si beve come si deve.