un brindisi ai pensieri belli, uno a quelli brutti
già da come si era sporto sul bancone, chiedendo di una francesca, o di una chiara, non ricordo, con quel modo assertivo che hanno gli habitué di un posto passandoti avanti, beh con quel suo modo lo ammetto, gli avevo già tirato un’occhiataccia, come a dire guarda che io sarebbe mezz’ora che aspetto qui per un bicchiere di vino. ma i suoi occhi stanchi non avevano contemplato la mia rimostranza e aveva mantenuto il peso tutto buttato sul gomito, quasi intendesse sprofondare fin nel lavello, al di là del pianale.
poi tutto ad un tratto sembra accorgersi di qualcosa, forse del mio apparente scazzo, o forse solo del fatto che effettivamente mi era passato avanti e mi fa “scusami, mi sono appena sparato trenta ore di guida e avevo solo bisogno di bere qualcosa in fretta”. trenta ore son tante, non serve avere una patente per capirlo, allora gli chiedo come cosa perché insomma da dove venisse uno che il mercoledì sera ha appena compiuto un viaggio al volante di trenta ore e scopro che è appena tornato dall’ucraina.
proprietario di un’impresa di trasporti, ha preso la sua flotta di undici tir e ha organizzato a sue spese una tirata con vivere e beni di prima necessità oltre il confine tra romania e ucraina. uno scherzo da tipo undicimila euro. ti offro un bicchiere di vino gli dico e lui mi fa grazie, è bello che qualcuno fa qualcosa per te dopo che tu hai fatto qualcosa per gli altri. e gli servono un bicchiere di barbera. fuori brindiamo a lui e mi racconta la traversata, i confini, i profughi, le ragazze ucraine con i figlioletti che al ritorno hanno portato a vienna nei centri d’accoglienza. “donne e bambini che non sanno dove andare” dice questo signore di sessant’anni con le manone e la sua voce si spezza e guarda altrove per trattenere le lacrime. istintivamente gli chiedo se ha figli suoi e lui dice di no, e io non me l’aspettavo che non ne avesse e lui forse non si aspettava la domanda, come se fosse necessario avere figli per provare pietà per dei bambini in fuga dalla guerra. “ho sonno,” mi fa e io gli dico buona serata e ci abbracciamo, “forza,” gli dico e ognuno va per la sua strada.
è grazie a gente come lui che mi ricordo che non sono mai veramente solo. non ci siamo neanche presentati, ma poi, pensandoci, mi dico che non ha importanza. non aggiunge nulla alla sua stanchezza, non aggiunge nulla ai miei pensieri belli e ai miei pensieri tristi.
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