nel mio silenzio
sarà una di quelle pagine di diario in cui io stesso cercherò di capire cosa sto cercando di dire; a volte ci vogliono anche così. perché è due settimane che scrivo soltanto di guerra, ma sarebbe anche presuntuoso da parte mia affermare di avere le idee chiare sulla guerra - nessuno le ha, o dovrebbe averle, e anche chi sostiene in cuor suo di sapere tutto, potrebbe provare il bisogno di interrogarsi sull’inspiegabile. credo sia in particolare prerogativa dei miei coetanei, per i quali è effettivamente la prima volta che vengono sfiorati da un conflitto bellico.
insomma, ero in macchina e l’algoritmo mi ha proposto una fra le canzoni più celebri del nostro paese. senza voler correre il rischio di risultare cinico, devo confidare di non essere mai stato un ascoltatore sofisticato, né tantomeno un musicofilo, motivo per il quale io questo brano l’ho conosco anche a menadito ma, ho appreso oggi, le sue parole mai prima d’ora avevano lasciato in me un’impronta significativa oltre l’orecchiabile intrattenimento.
poi dice questa cosa qui: “nel mio silenzio anche un sorriso può fare rumore”, la butta lì in mezzo alla frase, e il mio corpo fa un sobbalzo, perché questo verso scritto e musicato oltre cinquant’anni fa, riesce d’improvviso a cogliere con estrema precisione quel mio stato d’animo che nelle ultime due settimane ha monopolizzato le brevi giornate delle quali la guerra non è soltanto stata cornice, ma un pensiero costante. coglie, con estrema precisione, la necessità che ho provato e provo di tacere, di non sprecare parole vuote per commentare l’incommentabile, né oltre ciò che al mio punto di vista è concesso osservare.
no, non provo vergogna come ho sentito dire a tanti, nel lasciarmi colpire da questo conflitto in misura maggiore rispetto a guerre più distanti. mi colpisce chiaramente ciò che di più vicino mi accade, come qualsiasi accadimento per natura lascia in noi un segno maggiore, proporzionalmente alla sua prossimità. non mi scompone scoprirlo. e forse, a differenza del clamore che circonda gli episodi di nuda violenza che hanno luogo in questi giorni in ucraina, percepisco la necessità di incassarne la crudezza riflessa con minor scena possibile, a bocca serrata e occhi asciutti. è davvero nel silenzio che dovremmo accogliere ogni notizia in arrivo dall’ucraina. il silenzio con il quale si onorano i morti e il silenzio della paura, dell’orrore per l’orrore, che paralizza e raggela.
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