il cuore balordo di barabba
fai la guerra e scegli barabba, chiudi il tuo cuore alla possibilità di amare: il libero arbitrio comincia con barabba, ladro, assassino, stupratore, uomo.
il delta del po
la centrale termoelettrica è una lapide sul paesaggio depresso e talvolta un simile scempio non può che camuffarsi financo in un modo quasi grazioso
russofobia: he will not divide us
chanel limita la vendita dei propri prodotti ai russi all'estero - un'esasperazione inutile e dannosa. se a meno di un mese e mezzo dall’inizio della guerra siamo già a questo punto, cosa ci attende?
lo stretto di bering, un’opportunità
solo i mostri non meritano l’amore. e i mostri possono anche scannarsi sullo stretto di bering, per quanto mi riguarda. o avete bisogno del pubblico?
la polvere della storia
ora sul monte stella, nella gioia della stagione, c’è un albero tutto triste che non se la sente proprio di sorridere.
manco più l’anpi
perché ci sfrancichiamo i coglioni sul fascismo, vedendo fascisti ovunque, se poi una volta che un fascista vero ce lo abbiamo davanti, non siamo in grado di riconoscerlo?
novanta percento
come se di un corpo si carbonizzasse tutto, tranne un piede. questa, oggi, è mariupol.
il grande cortocircuito
edy ongaro e mia nonna, vittime - a cavallo di barricate opposte - del cortocircuito ideologico per il quale putin è comunista e israele una nazione oppressa
la guerra è tutta un cinema
la realtà che supera la finzione. una sofferenza che non conosce budget e i cui protagonisti camminano su un tappeto rosso come il sangue: il proprio.
dove non arriva il marketing
quando questa guerra voluta da putin e da lui presentata come una guerra identitaria, viene giocata sul terreno dell’identità, è lì che il dente duole ed è lì che può far male.
basta ribellarsi, no?
dal direttore di linkiesta christian rocca, un consiglio per il popolo russo: ribellatevi, no? quando anche la rivoluzione diventa una passeggiata, se siedi comodamente in una democrazia parlamentare.
don’t look east
si è parlato oggi più di uno schiaffo che di una bomba. l’unico punto degno di nota della questione will smith: la sua irrilevanza.
suggestione mediatica per finti eroi di guerra
io adesso faccio autoironia, ma noi tutti col cazzo che sapremmo come comportarci in guerra. anche quei fenomeni che si sparano addosso palline di plastica come coglioni ogni domenica. soprattutto loro.
era meglio quando vi facevate le pippe
mentre voi pensavate soltanto ai risultati della serie a, altri leggevano, si informavano, si adoperavano per dare un proprio contributo
cinquanta percento
dovessimo mai scegliere gli amici e distinguere i nemici, noi italiani di sicuro, col cinquanta percento di far bene, abbracceremmo l’amico sbagliato
the future is winning
la guerra in atto è combattuta tra passato e presente. la russia combatte una guerra novecentesca, mentre l’ucraina risponde a suon di tweet. ma chi vince?
lo scricciolo e le bombe
non c’è un orsetto di peluche sul comodino, nemmeno dei fiori, non c’è un palloncino colorato, né un cartello con le firme dei compagni di scuola
kyiv, italia?
ho provato a immaginare se il nostro ambasciatore e altri diplomatici occidentali avessero scelto di rimanere in ucraina
la storia se ne infischia
perché, ho la sensazione, anche la storia certe sere fatica a prender sonno, la mente straziata da queste immagini di morte.
business as usual
la nestlé, da oltre centocinquanta anni, sceglie meticolosamente, tra le due, la strada più infame. sì, anche stavolta.