lo scricciolo e le bombe

dorme, intubata, coi capelli scuri e disordinati, i polsi legati alla ringhiera del letto per impedirle di staccarsi dal respiratore. non c’è un orsetto di peluche sul comodino, nemmeno dei fiori, non c’è un palloncino colorato, né un cartello con le firme dei compagni di scuola. c’è solo questo scricciolo nascosto sotto un leggero lenzuolo nel marzo ucraino, infilato in un letto d’ospedale. al posto dei cartelli colorati, la grande finestra al suo fianco è coperta dagli scatoloni, invece dei palloncini, un muro di sacchi di sabbia. è un’immagine straziante, surreale, un ritratto il più fedele della miseria della guerra. 

dovesse cadere una bomba nel cortile del suo reparto, forse il cartone la proteggerà dalle schegge di vetro; magari un frammento dell’esplosione verrà anche trattenuto nella sabbia, ma la paura durante quei giorni, da sola, in un letto di ospedale a mariupol, è una ferita che non guarirà. e per ferite come questa, non c’è protesi che tenga. 

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