primula o poi

l’idea, per una volta, di gestire una campagna nazionale (così rilevante, per giunta) con un’identità coordinata, è buona. 

come buoni sono anche il concept della primula (simbolo della rinascita dopo l’inverno) e lo slogan l’italia rinasce con un fiore, che poi è la primula (con si riferisce presumibilmente al vaccino, forse però come avrebbe reso più l’idea?)

insomma, tutto bene a questo giro, no?

beh, quasi.

al secondo 27, infatti, dello spot realizzato per il lancio della campagna (rubamatic, per forza di cose), si vede — giusto il tempo di qualche frame — un ragazzo abbassarsi la mascherina, mentre il voice over recita: “...viene a dirci [la rinascita del fiore/paese] che il momento è arrivato, di abbandonare l’incertezza...”.

ecco, qui il messaggio è quantomeno azzardato. perché la verità delle cose è che il vaccino 1- non è ancora stato approvato per la sperimentazione sui cittadini in unione europea e 2- prima che potremo calare la mascherina dovrà passare ancora un bel po’ di tempo; suggerire, ancora una volta, che il peggio è presto passato - ormai uno sport nazionale - a maggior ragione a ridosso delle ferie natalizie (che, come previsto, si preannunciano gestite ad minchiam... remember estate?) è il modo più pericoloso e sbagliato di gestire l’ingresso nel periodo di vaccinazione. 

in primis per i tempi di vaccinazione — siamo 60 milioni di individui — e in secundis, perché quand’anche saremo vaccinati noi, dovremo aspettare che siano vaccinati anche gli altri, prima di tirare un sospiro di sollievo.

bene. 

di qui due riflessioni. la prima: che ormai il grande tormentone (non solo in italia) sia quello di dire con eccessiva gioia addio al 2020, senza chiedersi se il 2021 sarà effettivamente migliore (sarò matto io, ma no, non penso — se non da un punto di vista sanitario, quantomeno dal punto di vista economico). 

la seconda: ma le linee guida presentate questa mattina da arcuri insieme a stefano boeri (che ha svolto il lavoro a titolo gratuito e, dunque, chapeau e grazie), a che linee guida rispondono? sì, è una domanda retorica: non ci sono linee guida per la comunicazione riguardo il covid. un vecchio tema sul quale mi ero già arrovellato tempo fa in un articolo per agi e che oggi mi è tornato in mente più attuale che mai. 

stefano boeri è un architetto (uno dei più stimati, addirittura, nel panorama internazionale), non è dunque sua la responsabilità dei contenuti promozionali firmati dai ministeri. 

perché (mi ripeterò), alle porte del natale, abbiamo ottantamila task force, ma nessuna ancora dedicata alla comunicazione? quando (quando??) capiremo che comunicare in un modo migliore, più preciso, coordinato e pulito, nel 2020 avrebbe potuto salvare migliaia di vite (e buona parte dell’economia)? 

risposta: mai (temo).

da noi (all’estero sembrano averlo capito) la comunicazione è destinata a rimanere un giochino extra-budget per le aziende, un qualcosa “che-va-fatto-perché-lo-fanno-tutti-e-poi-vuoi-non-essere-presente-sui-social-?” piuttosto che una risorsa cruciale per amministrare, non dico un’azienda, ma un intero paese.

e niente. ancora una volta: bene, ma non benissimo. ora attendiamo lo shitstorm sui costi e i meme sulla primula, che tanto altro di più non ci si può aspettare.

parole: 513

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