il mondo accanto

in cinque anni (credo, forse ormai sono sei) che abito a torino, non ero mai stato a stupinigi. quindici minuti d’orologio di macchina per godere del tramonto calarsi alle spalle del cervo che domina l’apice della palazzina di caccia. si chiama così: palazzina di caccia — vai a immaginare. patrimonio dell’unesco, si tratta di una riserva di oltre milleseicento ettari. circondata dal sangone e dal chisola, comprende un complesso incredibile di edifici in grado di regalare quella singolare emozione di trovarsi, da un momento con l’altro, proiettati in un mondo distante.

sì, perché di fatto, percorrendo l’orrido corso unione sovietica (che di evocativo, per pochi fortunati, ha solo il nome), ci si ritrova in un batter di ciglia circondati dalle strutture in mattoni delle stalle e delle abitazioni della servitù; il tempo di realizzare che il paesaggio è così rapidamente mutato, e ci si ritrova in bocca ai cancelli d’ingresso della “palazzina”. una delizia per gli occhi e per i sensi davvero.

che peccato abitare i luoghi così a lungo e non conoscerli. ripensavo ai sei anni trascorsi a roma e, sebbene l’abbia sempre ritenuta una topaia (perché tale è), mi duole il cuore soltanto immaginare le bellezze delle quali non ho avuto la curiosità di godere e di quanto, con poco sforzo, forse avrei potuto trovare anche quella città più tollerabile al di là dell’osceno contemporaneo.

un peccato vero, un peccato mortale.

ps. oggi è il 12 dicembre. quando abitavamo ancora tutti a milano, papà mi portava sulla lapide del pinelli (ignorando la seconda - insulsa - posta dal comune e considerando invece soltanto quella posta dagli studenti) e rimanevamo lì interi minuti, a pensare, a lasciare una preghiera (laica) pronunciata e abbandonata a mezz’aria, in quelle mattinate in cui, da che ho memoria, non ha piovuto mai. 

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primula o poi

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il dono (laico) della luce