pazienza

mia mamma mi ha sempre insegnato che non si augura il male a nessuno, “al massimo, il cagotto”. cerco ancora di attenermi a questa regola aurea, per quanto difficile. però ecco, a domenico guzzini, glielo auguro poderoso, il cagotto. la mancanza di umanità delle esternazioni di due giorni fa da parte del (ex, ormai) presidente della confindustria di macerata, hanno messo a dura prova tutto ciò che mia madre mi ha insegnato. una sensazione che avevo provato anche a marzo, guardando sbigottito il discorso motivazionale di urbano cairo ai suoi venditori. quel cinismo, quella strafottenza, quella superiorità di chi, grazie al proprio potere e benessere, si sente immune anche a una pandemia. quella beffarda e cinica saccenza del cattivo maestro che sa - e lo sa, seppure poi si scusi e neghi - che la propria gioia deriva soltanto da soldi e successo. che pena dev’essere, arrivare anche solo a pensarlo - solo pensarlo! - quel “pazienza”, perché è proprio nel senso stretto del termine che lo ha inteso: come indulgenza. indulgenza verso la morte. moriranno, pazienza. chi si può sentire in diritto di guardare alla morte e al dolore altrui con la stessa rassegnazione di un genitore costretto ad assistere al concerto di natale del figlio - un male necessario, un’incombenza cui attendere?

è roba da mandare ai matti. roba da mandare ai matti. sì, il cagotto. ma che vi incolli al cesso per mesi; e quando, verso primavera, vi ritroveremo sui quotidiani, a nuotare nella vostra merda, smunti e consumati dalla dissenteria, allora anche noi, forse, scrolleremo le spalle e con sufficienza commenteremo la vostra sporcizia con la medesima indulgenza e rassegnazione.

grazie mamma.

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