ganassa

se c’è una cosa di cui ho imparato nel tempo a non vergognarmi, quella è la paura. credo sia una cosa che succede poco a poco, ma poi la testa fa clic e impari a dire che hai paura, di morire, di rimanere solo, del futuro, di qualsiasi cosa. è un momento estremamente liberatorio, perché contemporaneamente si sta imparando anche a chiedere aiuto. si diventa più forti, penso, o almeno così è stato per me, di certo mi ha insegnato anche a capire su chi puoi contare e su chi no - la paura fa una bella scrematura.

ieri sono stato a milano per lavoro ed ero sicuro, certo al mille per mille, di incontrare - come mi era capitato a maggio - un’atmosfera di cauto timore. sì, cauto timore, perché forse paura sa un po’ di panico, io invece che sono cresciuto in questa città, avevo la certezza di incontrare un clima diverso dai natali di sempre; distante - speravo - anni luce da quel fermento impazzito che porta qualsiasi milanese che si rispetti a barricarsi in casa da metà dicembre in poi per non venire travolto (letteralmente) dalla calca nevrotica da shopping natalizio.

e invece, oltre alle mascherine (quelle ci sono per legge), ho incontrato la stessa follia di ogni anno, le stesse code (anzi, più lunghe per cause di forza maggiore), lo stesso traffico, gli stessi passi affrettati, le stesse teste basse, le stesse luci, lo stesso nervosismo - esasperato dalle difficoltà aggiunte che sono andate a sommarsi alla normale amministrazione.

ecco, timore no. paura, decisamente no. a milano, proprio lei, dopo tutto quello che è accaduto - solo fame di vita (che a milano spesso si confonde con il consumo forsennato) e fame di milano. mi ha spaventato, questa spavalderia, questa tracotante baldanza che seppur tipica della mia città (a volte sembra orgoglio, a volte sembra nascondere solo fragilità), devo dire, mi ha atterrito in conclusione dell’annus horribilis. e quindi mi sorge un dubbio: ma avremo memoria di ciò che è successo? memoria vera, intendo. o dimenticheremo?

dimenticheremo questi morti? “quanti erano?” ci domanderemo e tutto sarà già svanito. ricorderemo solo l’anno tremendo, le rinunce, i dispiaceri. ma dimenticheremo il dolore. con una fretta, con una foga, senza precedenti. ricorderemo le mascherine, dimenticheremo i morti. ricorderemo le file al supermercato, dimenticheremo i morti. ricorderemo il natale in città, dimenticheremo i morti. ricorderemo i canti dai palazzi, ma sì, decisamente, dimenticheremo i morti. forse perché non li abbiamo mai pianti, perché non li abbiamo mai veramente conosciuti, perché ce li hanno tolti sotto il naso senza il tempo di salutarli come meritavano. perché “un amico” dell’amico, dell’amico, dell’amico. mai noi, mai veramente noi.

è così? dimmi di no, milano. dimmi che mi sbaglio e che, infondo, dietro a quella mascherina nascondi un mento tremante, appena appena, di chi ha guardato la morte in faccia, ma poi, tirata per i capelli, si è tratta in salvo. ganassa, milano. sbruffona. vero?

vero?

parole: 493

Indietro
Indietro

dire basta

Avanti
Avanti

pazienza