l’anno breve

nella sua analisi, hobsbawm prendeva in esame gli avvenimenti che avevano scosso il XX secolo tra lo scoppio della prima guerra mondiale e la caduta dell’urss, mostrando come l’eccezionale concentrazione degli eventi in un lasso di tempo (storico) tanto ristretto, risultasse un unicum nel panorama della storia moderna, abituata a conflitti distesi su più decenni, rivoluzioni strutturali maturate nell’arco di secoli.

il secolo breve è quantomai rappresentativo della percezione accelerata che possiamo avere di un anno come il 2020, tanto ricco di eventi eccezionali da non darci il tempo di maturarne l’esperienza e, quindi, di processarne le informazioni, né di digerirle o interiorizzarle.

l’anno breve ha contato due sole stagioni: inverno e l’estate, a sottolineare il proprio carattere intollerante alle mezze misure, negando invece primavera e autunno, che abbiamo potuto osservare soltanto attraverso un vetro, come faremmo con una serie in streaming. 

un anno esatto fa, se ci pensiamo, la notizia che più di ogni altra occupava le prime pagine dei nostri quotidiani era il pericolo di uno scontro nucleare tra usa e iran, ma è un ricordo distante. 

le informazioni che invece ci hanno travolti durante il 2020 sono una compote di eventi tanto rapidi, e che abbiamo vissuto con parimenti straordinaria intensità, da risultare surreali, come in sogno; e, come dei sogni, al risveglio facciamo fatica a rimettere in fila i diversi elementi. un esempio? ricordate in che mese (non il giorno, il mese) ha avuto luogo l’esplosione a beirut? oppure, ricordate l’attentato a vienna? infondo si tratta di meno di due mesi fa - avete mai più letto o saputo niente in merito?

dell’anno breve ricorderemo solo un evento. di quanti altri anni potreste dire lo stesso? come il secolo breve si concentra principalmente su tre periodi principali (primo conflitto mondiale, secondo conflitto mondiale, guerra fredda), anche l’anno breve ha vissuto in tre lassi di tempo che hanno offuscato qualsiasi altro evento: primo lockdown, estate, secondo lockdown.

certo, questo non vale per chi dal covid è stato colpito in maniera diretta - chi l’ha contratto accusandone i sintomi, chi ha perso un famigliare, chi ha vissuto la corsia e la terapia intensiva da professionista - per tutti gli altri, di mezzo alle vicende personali affette dal contesto, questi tre periodi di tempo rimarranno preponderanti nella memoria, e per quanto ora ci lamentiamo di un anno lunghissimo, a breve avvertiremo il 2020 come un periodo brevissimo, estremamente frettoloso, corso via con rapida ferocia, al quale noi non abbiamo che potuto arrancare appresso. 

come di fronte ai grandi eventi che hanno attraversato il nostro tempo, già non riusciamo a ricordarci una normalità pre-covid; come dopo l’11 settembre il nostro modo di prendere l’aereo è mutato rapidamente, ad esempio, ma nessuno si ricorda dei controlli in aeroporto ai quali eravamo abituati fino al 10 settembre 2001. certo, li ricordiamo, ma come si ricorda qualcosa di estremamente distante e che ci domandiamo se ci sia mai appartenuto veramente.

la normalità ci deglutisce e noi, per rimanere al passo, la accettiamo e la facciamo nostra, per spirito di sopravvivenza. 

la morale di questo anno è tirata dall’algoritmo ed è tanto censoria quanto inappellabile: è stato un anno di merda. e sembra che non siano davvero ammesse obiezioni. non ci è data nemmeno la possibilità di tirare le somme del 2020 in autonomia, anche queste ci arrivano già preconfezionate a futura memoria: l’anno di merda. 

come è avvenuto per gli anni di piombo, un periodo a cavallo tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli ‘80, la storia è lapidaria: anni di piombo. 2020: anno di merda.

con questo atteggiamento semplificativo e strettamente binario - bello, brutto, buono, cattivo, degno della seconda infanzia - come possiamo trarre insegnamenti da ciò che viviamo, come possiamo comprendere la reale portata degli eventi e osservarli in prospettiva. è ad esempio innegabile che il 2020 sia stato un anno straordinariamente interessante sotto infiniti punti di vista, offrendoci la possibilità di mettere in discussione le nostre prospettive abituali e di osservare la nostra stessa esistenza sotto nuova luce. è così difficile riconoscerlo? 

devo veramente vergognarmi, parlando con parenti e amici, constatando che sia stato un anno di estrema complessità, ricco di drammi lontani e vicini, di scomodità e conflitto, è certo, ma anche al quale sono orgoglioso di aver potuto prendere parte? un anno che mi ha dato enormi spunti di riflessione e di opportunità per migliorarmi come essere umano e di crescita come uomo, figlio, compagno e amico? 


la speranza è dunque questa: che l’anno breve non venga inghiottito con cinismo nell’imbuto del pensiero algoritmico e che i suoi elementi singoli, invece, possano rimanere di prospettiva individuale e personale, di modo da permetterci di trarne insegnamento e crescita e miglioramento collettivo. non un anno di fasi preconfezionate e sfocate, ma di intensità e di scoperta quotidiana individuale e globale. perché - lo dico a scanso d’equivoci - è inutile salutare il 2020 col dito medio: la prospettiva non è più rosea nel 2021. si tratta di un’ingenuità macroscopica sfoggiare il proprio sollievo per la chiusura di un anno come quello che abbiamo vissuto. chi ha subito un’operazione chirurgica lo sa bene: l’intervento in sé è il meno, lo si vive inconsci e sotto anestesia; è il risveglio il vero casino e con la riabilitazione poi, che comincia la vera sfida. come ci ha insegnato l’odio ormai 25 anni fa: “il problema non è la caduta, ma l'atterraggio.”

alle 20.30 parlerà mattarella, del quale comincia l’ultimo anno di mandato. lui sì, tra pochi, davvero potrebbe essere in grado di comprendere e di guidarci alla prospettiva dell’anno breve da un punto di vista storico. 

sfruttiamo questo 31 dicembre per fermarci un secondo, soltanto un breve momento, a far mente locale e guardarci alle spalle. altrimenti verremo travolti da ciò che ci attende. di nuovo cinici, di nuovo arroganti, di nuovo impreparati.

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