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Figure come la sua lasciano certo un’impronta nel tessuto cutlruale, nella vita politica del Paese, nella politica internazionale, ma ne lasciano altrettante anche nelle esperienze di vita individuali. Se oggi fossi stato il direttore di una testata, avrei aperto con il titolo: “Ha lasciato un’impronta nelle nostre vite”. Non ha infatti cambiato soltanto il Paese (“Lo preferivo prima”, commenta giustamente Crosetti), ha cambiato la sorte di intere famiglie, ha intaccato legami umani in modo irreversibile, ha segnato il corso di intere vite, per quanto gli potessero mai interessare le sorti di altri all’infuori di sè stesso. Sì, perché per quanto possa sembrare assurdo, fino a non troppo tempo fa, per politica si litigava, e molto. Per Berlusconi si sono rovinate amicizie, si sono spaccate intere famiglie. Come la mia. La mia rientra a pieno titolo tra quelle famiglie che sono state frammentate dal Cavaliere, dalla sua figura, dalle sue politiche, dalle sue idee. Alcuni dei miei ricordi peggiori di infanzia sono legati a litigi innescati dal dibattito politico, tra cui un paio di Natali bruscamenti interrotti da porte che sbattono e insulti violentissimi.
Per questa e per molte altre ragioni, il 12 giugno rimarrà per me a lungo un giorno di festa. Ne ho ogni diritto. Ho aspettato troppo tempo questo momento. E francamente me ne infischio che della morte altrui non si gioisca: si gioisce, eccome. Per questo non capisco tutti questi ipocriti salamelecchi anche da parte dell’opposizione verso “una grande figura politica”: Berlusconi ha plasmato in peggio il nostro Paese, culturalmente lo ha fatto a pezzi con le sue televisioni, politicamente è responsabile dell’ingresso sulla scena pubblica dei più loschi figuri che la storia repubblicana ricordi, all’estero è responsabile tra alcune delle peggiori figure delle quali la dignità del paese è stata macchiata, economicamente ne ha fatto il proprio teatrino per i suoi interessi personali, ha soffiato sull’odio sociale con malcelato razzismo e continua misoginia.
Oggi mi è toccato sentire quel vecchio rimbambito di Feltri che, piangente, al TG1 definisce Milano 2 “la più bella città d'Europa”: questi sono i danni culturali con i quali ancora per decenni dovremo fare i conti.
Quale cordoglio? Un’opposizione seria oggi avrebbe, come da programma, celebrato tranquillamente il proprio Direttivo. Magari facendo anche un brindisi con quella bottiglia di Lambrusco, quella lì, quella tenuta per le occasioni, alla faccia di chi di questo Paese ha fatto carne di porco per i propri fattacci personali. Per troppo tempo.
Ciao Silvio, era davvero ora.
Altro che funerali di Stato.
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