EXP 6
Ieri sera sono andato a vedere la finale di Champions League in un pub con alcuni amici interisti. Cosa che certamente non avrei mai fatto in Italia, ma qui sembrava giusto. È stato un po’ come quando mi hanno messo per la prima volta in braccio un bambino che non era mio: bello e divertente, ma senza che effettivamente mi coinvolgesse sul piano personale. Se avesse vinto l’Inter sarei stato contento per il mio amico, se avesse vinto il City avrei provato il piacere che mi spetta in quanto rivale (a dire il vero ne ho provato ben poco - godere per la vittoria degli sceicchi non è mai stata una mia prerogativa). Ad ogni modo, senza entrare nel merito del gioco, è stata una serata molto diversa da come me la sarei aspettata: dal fischio della ripresa il mio corpo si è naturalmente lasciato andare all’esultanza per le belle giocate di cafoni che, nell’arco della stagione, semplicemente detesto, e come i miei amici mi sono messo le mani nei capelli per le occasioni sprecate.
Sulla strada del ritorno questi riflessi incondizionati mi hanno dato da pensare: non sono qui che da due settimane, ovviamente non posso avanzare pretese sul piano emotivo nei panni dell’espatriato, ma certamente quel riflesso aveva il sapore amaro di una nostalgia precoce.
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