lo zen e l’arte di dipingere un cancello

dipingere il cancello è una di quelle attività il cui risultato non ti riempie propriamente il cuore di soddisfazione. è forse più arricchente il processo, rilassante, zen, per certi versi, sicuramente infinito. dipingendo il cancello ho scoperto quanto mi infastidisca dipingere il cancello e quanto, nonostante il fastidio, la mia soddisfazione non risieda nel contemplare il prodotto finito, ma sapendo di avere imparato a farlo. ora so come si dipinge un cancello. sarà anche una soddisfazione borghese da viziati ragazzi di città, ma non me ne vergogno. e per certi versi imparare a dipingere il cancello mi ha dato più soddisfazione che imparare, chessò, a tagliare un albero, a riparare il tetto della rimessa, ad esempio. scartavetrare la ruggine e la vecchia vernice, dare una prima mano di antiruggine, aspettare che asciughi, passare la nuova vernice.

anche il fatto che non segua un ritmo tuo, la velocità con la quale dipingi, ma che richieda un tempo fisiologico di asciugatura, che ti imponga di controllare il meteo e di aspettare il momento giusto, sono tutti elementi che mi hanno fatto odiare e amare la pittura del cancello. perché se prima ero tutto un massì, lo dipingiamo noi il cancello, che ci vorrà mai - come se bastasse rovesciargli addosso un barile di vernice - ora che il cancello lo abbiamo dipinto mi sembra di scoprirlo per la prima volta, di toccarlo con più cura quasi.

che poi è un ragionamento che vale più o meno per tutto: quando le cose le fai tu, porti loro più rispetto. e niente, mi pare di aver detto un’accozzaglia di banalità adesso, mentre per me la verniciatura del cancello è stata un’esperienza quasi mistica.

quasi. se non ricapita per un po’ forse è meglio.

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lina orsolina e i miei vent’anni