yo soy giorgio?

accusano la sinistra di avere reso la questione di genere un teatrino, una messa in scena buonista e irrilevante dietro la quale si cela nient’altro che la disfatta della sinistra stessa. eppure mi pare che il problema risieda nientedimeno che a destra, dove ce la si sta mettendo davvero tutta per spingere il linguaggio oltre ogni possibile anacronismo, trasformando l’italiano - nonostante loro, i patrioti, per primi dovrebbero avere a cuore la lingua di dante (sì, loro, gli inpiegati) - in una barzelletta ai limiti della fantascienza.

è stata infatti diffusa oggi una breve nota firmata dal capo di gabinetto carlo deodato e indirizzata a tutti i nuovi dicasteri di governo, in cui si fissa l’appellativo dell’onorevole meloni di qui in avanti. recita:

“per opportuna informazione si comunica che l'appellativo da utilizzare per il presidente del consiglio dei ministri è: il signor presidente del consiglio dei ministri, on. giorgia meloni.”

e attenzione, chi vi scrive è stato un feroce oppositore di quella che venne definita la “linea boldrini”, che ha messo la schwa - in un paese rasente la deriva - come priorità assoluta delle agende di opposizione agli ultimi tre governi; tuttavia qui, è innegabile, siamo arrivati alle comiche. non c’è conservatorismo che regga difronte a quello che, sotto ogni punto di vista, è un tragico errore, punto e basta. la meloni, fino a prova contraria, è una donna e su questo possiamo ritenerci tutti d’accordo. da questo assunto in poi ci sono alcune opzioni percorribili per declinare una figura femminile a ricoprire il ruolo di presidente e sono: la presidente, la presidentessa o, per poche ardite boldriniane, la presidenta (ma rimaniamo seri). ad ogni modo l’articolo al femminile dovrebbe rimanere intoccabile e non c’entra, come ha sostenuto la stessa meloni, col chiamare una capotreno “capatrena” (un’osservazione a dir poco imbecille), proprio perché “capo”, al pari di “presidente” gode nella lingua italiana della possibilità di restare invariato al maschile, se preceduto però da un articolo femminile.

una soluzione simile all’impaccio che si può talvolta incontrare nel non saper decidere se dare del lei o del tu ad un individuo, optando per forme ibride come il lei abbinato al nome, piuttosto che al cognome: “come dice lei, mario…”

decidere invece, per voltare le spalle completamente ad un certo dibattito, di rinunciare a qualsiasi tipo di compromesso linguistico, e di chiamare una donna al maschile, non si può nemmeno definire una scelta conservatrice, ma unicamente una scelta idiota. perché allora, mi domando, continuare a chiamarla giorgia? che vada fino in fondo e si faccia chiamare giorgio, in tributo al suo mentore almirante, così tagliamo la testa al toro. o forse così facendo ammiccherebbe troppo alla comunità lgbtqia+? insomma, mi sembra che la meloni si sia infilata in un guaio, schiacciata tra l’irresistibile voglia di patriarcato, dio patria famiglia, e il timore di strizzare un occhiolino al mondo trans, lasciandosi alle spalle una sola vittima: la lingua italiana (che davvero non sentiva il bisogno di ulteriori oltraggi cretini). quindi, ricapitolando in conclusione (voglio soltanto essere sicuro di aver capito bene): la famiglia tradizionale è composta da una mamma e da un papà, ma a capo del governo c’è il presidente giorgia, corretto? oh, l’importante è che torni a voi patrioti.

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