una parte del paesaggio

quando siamo arrivati era lì e non ci siamo mai posti il problema se fosse giusto o meno: era lì da prima di noi e con la sua presenza tozza e compatta vegliava sulla porta di ingresso. che oscurasse la vista sul panorama, con le sue belle fronde impenetrabili, che stesse proprio in mezzo alla visuale, negandoci il respiro del bosco, nessuno di questi aspetti ci aveva mai sfiorato: al cane piaceva, un merlo ci aveva fatto dentro il nido, noi ci giravamo scomodamente intorno e il gioco era fatto. non siamo quel tipo di persone che arrivano in un posto e pretendono che questo assuma le nostre fattezze; piuttosto il contrario: ci piace adattarci, farci apprezzare dai luoghi, con amore e pazienza. per questo l’albero era lì e lì sarebbe rimasto. poi oggi il giardiniere - una brava persona, che pensa alle cose, non un macellaio - ci fa notare che quell’albero non ha alcuna ragione al mondo di stare lì dove sta, che chi ce lo ha messo aveva poco a cuore l’armonia d’insieme del giardino e, ci ha lasciato intendere, probabilmente scarsa contezza botanica. è bastato quel commento, chiaro, affilato, tecnico, per farci capire che quell’albero doveva andare. in un solo istante la sua presenza ci è diventata insopportabile. stasera poi siamo usciti in veranda e tutto quello spazio vuoto ci ha investiti. la presenza dell’albero era tanto sconveniente alla luce del giorno, quanto indispensabile a farci sentire protetti sul calar della notte. il giardiniere ci aveva consigliato di pensarci su fino a domani, noi abbiamo optato per l’impazienza. è stata una scelta strana, che in generale non ci avrebbe appartenuto, ma tant’è. a me ora dispiace, per quel che vale.

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tumore

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il silenzio che ho perso