un tale cattivo (e una bella serie)

da qualche parte - ma non lo ritrovo - ho letto un articolo che era intitolato “the bad guy è la serie dell’anno (se fossimo nel 2011)” tipo, o un’altra data afferente a una distante era geologica. l’autore sosteneva considerazioni per lo più corrette, analizzando punto per punto i pregi, a loro modo di vedere démodé, della serie prime, che avrebbe incontrato ben più (meritato) successo se fosse stata coeva di breaking bad o di house of cards (si tratta chiaramente di una mia sintesi). tutto giusto, tutto vero. eppure, the bad guy rimane, nonostante qualche vezzo di forma desueto (l’ormai immancabile quanto inspiegabile  stacchetto musical pop di ogni prodotto italiano - in questo caso, se non ricordo male, attenti al lupo) un lavoro ben fatto, scritto bene, girato e interpretato meglio, una boccata d’ossigeno - qualitativamente parlando - per il nostro paese col suo cinema stanchissimo e pigrissimo; una serie che di nuovo parla di mafia (purtroppo da quello non si scappa), ma in modo inedito, con un tono di voce originale e intelligente.

e poi ha fatto incazzare salvini, quindi più di così davvero non si poteva chiedere (che un ministro della repubblica, nel 2022, si permetta di commentare un prodotto audiovisivo come avrebbe fatto la dc degli anni cinquanta, poi, è tutto un altro capitolo).

parole: 218

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