la fabbrica dei sogni

un tempo la chiamavano “la fabbrica dei sogni”, quella città alle porte di roma dove fellini disse che avrebbe voluto vivere fino alla fine dei suoi giorni. i film, in una concezione ormai démodé, erano dunque considerati sogni, proiezioni di una mente in preda alle visioni, ai suoi desideri, alle sue paure. fuor di retorica, certo non se ne può dire lo stesso oggi, un tempo nuovo in cui tutto è cinema e niente è cinema, perché non può esservi vero cinema nell’omologazione fordista di prodotti tutti uguali e proposti algoritmicamente come souvenir a basso prezzo; il cinema oggi è raro e prezioso e quando lo si incontra è tanto meglio non parlarne per evitare che si sciupi, tanto è fragile - specialmente in italia. la fabbrica dei sogni oggi è tanto in cattivo stato quanto lo è la città che la ospita: sporca, fatiscente, in uno stato di perenne abbandono; e come lei altrettanto male se la passano le sale italiane dopo gli ultimi anni di pandemia, un periodo durante il quel altre volte ho tentato di spingermi - per quanto la familiarità con la materia mi consentisse - verso considerazioni che ne analizzassero possibili fattori di ripresa, a partire da un’accettazione del rumore (come fu a suo tempo del teatro elisabettiano) oppure restaurando le sale affinché ospitino nuove funzioni d’uso oltre l’esclusiva proiezione.

è il caso ad esempio - e forse il più eccellente (ed eccentrico) che mi sia capitato di incontrare - del multisala pathé di spreitenbach (zurigo), dove sono state allestite sale di proiezione con letti matrimoniali al posto delle canoniche sedute.

“sogna ad occhi aperti uno spettacolo cinematografico sorprendente. nella nostra sala vip bed vi aspettano undici letti matrimoniali per un'esperienza cinematografica indimenticabile. questi letti progettati in modo esclusivo offrono una vista incredibile dello schermo, garantendo allo stesso tempo la privacy degli spettatori. ogni letto ha due materassi ortopedici. la testiera è elettrica e regolabile individualmente. ogni postazione è dotata di un caricabatterie per smartphone e di due armadietti in cui riporre i tuoi oggetti personali.

l'impressionante sistema audio dolby atmos moltiplica gli effetti della spazializzazione del suono, in modo più preciso e spettacolare, grazie ai numerosi altoparlanti distribuiti in prossimità dello schermo, ai lati e soprattutto sul soffitto della sala.“

e via discorrendo. piaccia o non piaccia (e a me, onestamente: piaccia) in questo caso qualcuno ha voluto interrogarsi con serietà in merito alle nuove abitudini di fruizione dei prodotti audiovisivi. perché - e non possiedo ricerche a corroborare la mia teoria, a scanso d’equivoci - possiamo immaginare che il luogo precipuo entro il quale si consumino la visione di film e serie tra le generazioni millennials e zeta, sia decisamente il letto. dunque l’intuizione di proporre la medesima esperienza al di fuori di una zona di intimità e comfort come lo è la propria casa, ha certamente richiesto di dover amplificare i vantaggi di un’esperienza über-sensoriale e in una dimensione di lussuosa concessione una tantum. una metamorfosi peculiare e discutibile, ma assolutamente legittima e in ascolto dei nuovi trend di consumo. se continueremo invece a pretendere che lo spettatore spenda otto e passa euro per assistere - in una sala vecchia e priva di ogni comfort, seduto su poltrone dure e sdrucite - a spettacoli ai quali può comodamente accedere dalla propria camera da letto, spendendo peraltro la medesima cifra di quel solo spettacolo per una scelta pressoché infinita di titoli, beh, allora la fabbrica dei sogni resterà ben presto deserta, come tante che si trovano in giro per le nostre città: monumenti divorati dalla natura, testimoni del tramonto di una rivoluzione passata, oggi dimora per animali randagi.

che dalla “fabbrica dei sogni” alla “fabbrica dei sonni” è un attimo, ma non per la posizione in cui del film si fruisce, bensì troppo spesso per i contenuti soporiferi ai quali lo spettatore viene sottoposto. che a quelli è difficile porre rimedio. e qui mi fermo.

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