un barese in giappone
basta un tuono, uno soltanto, lontano, e le si chiude la vena con repentinità schizofrenica; la coda si rintana tra le gambe, la lingua a penzoloni lunga fuori dalla bocca e le zampe piegate verso terra, in un attimo il mio cane diventa irriconoscibile, preda di un terrore incontrollabile e irrazionale che ce la rende aliena per svariate ore. con tutto che quassù il temporale scuote la casa fin nelle fondamenta, non è come in città, anche se non l’hai mai temuto, il dubbio che un tuono possa appallottolarti il tetto sulla testa ti viene. figurati il cane. che è pur sempre come in terra straniera, isolata nella sua ignoranza, senza potersi spiegare e senza capire le rassicurazioni. bisogna sempre immaginare di essere un barese in giappone, di avere il cieco terrore di qualcosa e di doverlo affrontare in completa solitudine, lontano da casa e da chi ci capisce.
e ogni volta mi si stringe il cuore a vederla reagire in quella maniera così esagerata, così inutilmente tragica, così irragionevole, perché mi pare di guardarmi allo specchio quando anche io, sull’aereo ad esempio, o talvolta anche in casa, ho un blackout della ragione e sudo e credo di morire, e allora in quei momenti non siamo diversi io e il cane, provando terrore di fronte a ciò che sappiamo non ci nuocerà, di fronte a ciò che abbiamo vissuto e rivissuto cento volte senza che ci nuocesse.
e allora anche oggi, come a ogni temporale, provo una grande tenerezza, la vado a raccattare dal bagno o dove si è nascosta e me la porto sul letto e le distendo le zampe irrigidite, dicendole qualche parola dolce e rassicurante sperando che ne possa cogliere quantomeno il tono, la stringo forte a me e le accarezzo il muso. cerco di darle, almeno in questi momenti, il minimo del conforto che vorrei io quando ho il mio quarto d’ora, quei momenti in cui vorrei tanto non essere solo e scambiare un limite linguistico con una grammatica di amicizia.
perché davvero, infondo, in cosa differisce la mia pura da quella di un cane? la paura rimane l’istinto che più ci accomuna a qualsiasi essere vivente. il giorno che non dovessi più aver paura, è certo, non saprei più consolare il mio cane. dio non voglia.
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