l’ultimo gradino

si possono continuare a fare tutti i paragoni che si vuole, ma diventa sempre più difficile mettere le grandi star del calcio contemporaneo sullo stesso piano delle vecchie glorie soltanto su una base numerica. cristiano ronaldo avrà segnato più gol di pelé e messi potrà vantare più presenze in nazionale di maradona, ma maradona la carriera l’ha chiusa al boca e pelé ha giocato l’intera carriera al santos. come si può invece entrare in relazione con una persona (un brand ormai più forte delle squadre per cui gioca) che guadagnerà duecento milioni di euro l’anno all’al-nassr di riad? sarebbe questo il giocatore più grande di tutti i tempi? oppure messi, che dopo diciotto anni ha lasciato il barcellona per guadagnarne quarantuno di milioni per una squadra qatariota? cruijff, beckenbauer, di stefano, platini, van basten, george best, tutti giocatori amati per la loro umanità, per la capacità di ogni ragazzino, da belfast a buenos aires, di immedesimarsi nel suo beniamino, e non per le cifre guadagnate a stagione, ma per ciò che rappresentava nel loro immaginario.

duecento milioni è una cifra incommentabile, immorale, talmente alta e irragionevole da risultare vuota, nulla, specialmente se per guadagnarli si giocherà per un non-pubblico, in un non-luogo come l’arabia saudita. è scegliere i soldi sopra il gioco, l’ultimo gradino di una discesa dalla quale non c’è più ritorno. perché il primo bambino che stai tradendo è quello che sei stato tu, con tutti i suoi sogni e tutte le sue ambizioni.

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