taqiyya, mimesi e il tempo perduto
racconta carrère, nel suo reportage dal processo ai responsabili degli attacchi del 2015 a parigi, della takiya, o taqiyya:
in arabo: تقية — indica, nella tradizione islamica, soprattutto in quella sciita, la possibilità di nascondere o addirittura rinnegare esteriormente la fede, di dissimulare l'adesione a un gruppo religioso, e di non praticare i riti obbligatori previsti dalla religione islamica (ad es. la ṣalāt) per sfuggire a una persecuzione o a un pericolo grave e imminente contro sé stessi a causa della propria fede islamica.
il fine consiste nel non destare sospetti, simulando un atteggiamento accondiscendente e non antagonista, all'interno di una comunità ostile verso il singolo credente o l'intera comunità. il termine arabo è traducibile in italiano come paura, stare in guardia, circospezione, timore di dio, santità, ambiguità o dissimulazione, menzogna.
mi ha colpito particolarmente, questo termine che fin qui mi era sconosciuto, per la circostanziale difficoltà che apporta alle indagini occidentali che, storicamente, pongono molta attenzione (specialmente dal punto di vista mediatico) sull’eventuale contrizione e sul pentimento dell’imputato. la tendenza di tanti testimoni che vengono chiamati a raccontare dei personaggi ritenuti affiliati alle cellule terroristiche, è quella a narrare “la brava persona”, “il buon musulmano”, non tenendo conto della taqiyya come sistematica mimesi nel contesto ritenuto ostile del miscredente.
in uno schema rigido come la fede musulmana, era addirittura necessario fissare una terminologia che espressamente suggerisse e, talvolta, anche obbligasse alla menzogna e al rinnegare il proprio credo, se finalizzata al bene della causa islamica. agli ebrei, popolo che del narrare la propria persecuzione ha fatto scuola, tale privilegio non è stato concesso mai - mi risulta, avendo in mente tante e tante testimonianze di ebrei che durante la shoah sono incorsi nella pena capitale soltanto per non essersi piegati al ripudio della propria fede. figurarsi nel cattolicesimo.
trovo estremamente interessante questa faccenda della dissimulazione religiosa e cercavo di scoprire velocemente qualcosa in merito ad altre religioni, ma ho il sentore che sia roba da accademici e non da teologi del giovedì a pranzo. chissà se su curiosità del genere avrò mai più il tempo e la possibilità di interessarmi, lo stesso momento in cui mi si propongono. dubito. torno a lavorare.
ps. apprendo ad esempio del nicodemismo:
“comportamento di dissimulazione ideologica, sia essa religiosa o politica, che porta ad aderire e a conformarsi, nell'apparenza, alle opinioni dominanti della propria epoca. espressione che deriva da nicodemo, il fariseo che, secondo il vangelo secondo giovanni, di notte andava di nascosto ad ascoltare gesù, mentre di giorno simulava una piena adesione al farisaismo. il termine fu creato da giovanni calvino per designare l'atteggiamento di quei protestanti che, per evitare la persecuzione della chiesa cattolica, si fingevano pubblicamente cattolici, partecipando anche alle funzioni religiose.”
parole: 251