stunt city e la réclame con le palle
ciclicamente mi capita di rivedere lo spot di rexona “stunt city” del 2005, diretto da ivan zachariáš. che farlo rientrare sotto la categoria pubblicitaria è quasi un delitto: uno stunt ogni due secondi per cinquanta totali di montato, taglio marcatamente cinematografico, concretezza di brief 101%. infondo stiamo parlando di un regista che ha completato i suoi studi mentre i carri armati sovietici marciavano su piazza san venceslao, se rendo l’idea.
per reclamizzare un deodorante, la lowe uk mette in scena una città (stunt city) la cui routine è pura follia adrenalinica: gente che si butta dai palazzi, macchine che prendono curve su due ruote, elicotteri rasoterra nel traffico. e il protagonista che, invece di aprire l’armadietto del bagno per raggiungere il suo deodorante, lo tira giù con un pugno. poi si lancia dalla finestra per atterrare su un bus e così via fino a quando non crolla dal soffitto della sala riunioni per ritrovarsi puntuale al suo posto durante il primo meeting del mattino. il tutto chiaramente senza versare una goccia di sudore, perché “over the top protection for under the arms.” roba da standing ovation.
ecco, ma io dico, cos’è successo in mezzo? perché non siamo più riusciti a cacciare uno spot con le palle come questo? è davvero soltanto una questione di budget? non ci sono più i creativi di una volta? o non ci sono più i clienti di un tempo? so solo che ogni volta che per caso finisco sulla tv italiana vorrei cavarmi gli occhi dalle orbite. avanzo l’ipotesi che, tra le altre cose, ci prendiamo troppo sul serio ormai, come consumatori proprio, negandoci la possibilità di trasformare la promozione, per cinquanta libidinosi secondi, in puro intrattenimento.
e se l’assioma “ogni-volta-che-la-tua-pubblicità-interrompe-il-mio-video-mi-fa-odiare-il-tuo-marchio” è vera, allora perché non tornare a dare un senso a queste interruzioni, rendendole spettacolari piuttosto che manifestamente fastidiose?
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