ma questa notte è ancora nostra

il periodo della maturità rimane sempre, per certi versi, il più ricco di speranza in tutto l’anno solare. probabilmente perché rappresenta uno sforzo non concesso, ma guadagnato, a dispetto di celebrazioni convenzionali e commemorative. alla maturità non si rievoca, bensì si loda l’avvenire, un domani auspicabilmente migliore, più ricco, più gioioso.

nei momenti più incerti, ritorno ad una fotografia che anni fa mi mostrò mio nonno: ritrae lui abbracciato ai suoi compagni, in piedi sulle macerie di un palazzo a livorno, nel 1945. si stringono, si tengono per mano, alcuni rivolgono i pugni trionfanti al cielo, è un nuovo inizio, dopo anni di orrore, c’è un mondo da ricostruire, il loro mondo: hanno diciotto anni.

allo stesso modo, un gruppo di maturandi di černihiv, a nord di kyiv, si è fatto immortalare su un carro armato russo abbrustolito, poi all’interno del proprio liceo, sventrato dalle bombe.

non c’è gioia nei loro occhi, ma tristezza, e rabbia. da queste bombe, sembrano dirci, non nascerà niente di buono. non è la livorno del quarantacinque, non c’è stato un trionfo sul tiranno, ma tutto è dolore ancora, e lotta, e ingiustizia. a che cosa è servito studiare, sembrano dirci, trascorrere nottate sui libri, imparare tutto ciò che abbiamo imparato, la matematica, le scienze, la storia, le lettere, se ora tutto ciò che ci viene chiesto è di deporre le penne e di imbracciare i fucili?

la speranza, sembrano dirci, salvatela voi; lasciateci solamente essere ragazzi. e come dar loro torto.

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