spurghi

arrivano un quarto d’ora in anticipo, alle otto e quarantacinque di sabato mattina. sono due uomini sulla cinquantina, non troppo alti ma incredibilmente robusti e dalle mani pesanti. di certo non mi aspettavo che sorridessero, sopra un certo dislivello è improbabile. coccolano brevemente il cane prima di mettersi degli spessi guanti e trasportare un lungo tubo nero dalla cisterna alla nostra fossa biologica. 

non abbiamo idea di cosa sia successo e che il pozzo nero stesse esondando lo abbiamo scoperto per caso, notando come in un punto specifico del giardino l’erba fosse più verde e umida. fatto sta che ancora un paio di visite al cesso e ci saremmo ritrovati a nuotare nella nostra stessa merda. 

cerco di essere scurrile sin da subito per disincentivare la lettura a chiunque (come me stamattina) non abbia ancora fatto colazione. 

insomma, i due montanari gentili sollevano il tombino e svitano il coperchio della fossa senza fare un plissé e cominciano a spurgarla. scoprono che è piena di terra sul fondo e questo significa che, da qualche parte, il tubo si è rotto e invece di drenare dal depuratore, ha cominciato a imbarcare ghiaia. un guaio insomma. 

e fin qui niente di strano, è il loro mestiere direte giustamente. annoto soltanto che avrei dato per scontato che portassero una mascherina. infondo la pandemia ci ha obbligati a convivere con uno strumento che io ho sempre trovato estremamente civile e pratico quando, ad esempio, si frequentano i bagni pubblici. quindi per me era naturale immaginare questi professionisti con indosso una ffp2. non solo. se avessi a che fare tutto il giorno, tutti i giorni, con gli escrementi altrui, indosserei anche un grembiule di plastica, degli occhiali protettivi (se non per altro, avrei pensato, per proteggersi da eventuali malattie). i due signori invece sembrano non crucciarsene,  non storcono nemmeno un poco il naso né corrucciano la fronte, sembra che maneggiare merda o zucchero filato per loro non faccia differenza. 

poi, svuotata la fossa, prendono la sonda, un tubo più piccolo che spruzza acqua da due augelli incrociati a forte pressione, e cominciano a pulirla. io arretro di dieci passi, sperando che il mio gesto non venga notato, mentre loro puntano la sonda dritto contro la plastica del pozzo e piccoli schizzi marroni cominciano a piovergli addosso, sulle scarpe da lavoro, sui jeans, sul maglione, sul volto. ma loro, niente. continuano a fare il loro lavoro concentrati, come se non ci fosse nulla di più normale che schizzarsi addosso merda alle nove del sabato mattina. io, dico la verità, ho fatto un pelo fatica a contenermi. 

conclusa questa operazione, chiedo loro se possono anche liberarmi una canalina intasata sul retro che è un anno che mi chiedo dove sfiati. “ci mancherebbe”, fanno loro e intanto la mia compagna va a preparare tre caffè. 

io li osservo, un po’ spaesato. non sono come me li ero immaginati. avevo pensato che se pulisci feci di mestiere la vita ti ha voltato le spalle, tutto è andato storto, sei condannato all’infelicità. ora, non voglio risultare retorico e insinuare che i due mi siano sembrati entusiasti di pulire la mia merda, ma è vero anche che li ho visti svolgere il proprio lavoro con perizia e professionalità, con cortesia e buonumore,  come raramente se ne trova nel mio ambito. pulivano il pozzo nero come qualcun altro potrebbe otturare un dente oppure preparare una difesa. facevano il loro mestiere senza schifarlo, perché infondo è un mestiere e molto più nobile di altri, il mio compreso. che sarà creativo, divertente, coinvolgente, stimolante, ma nobile no, ecco. 

pulire merda è il gesto più umile della storia dell’uomo e io per quell’umiltà questa mattina li ho ammirati e forse anche un po’ invidiati. perché credo che questi signori possano guardarsi ogni mattina allo specchio ed essere in pace con la propria coscienza. io no. che mica rubo né uccido nessuno, eh. ma spesso mi domando se indorare la pillola dei consumi a gente che, ad esempio, pulisce merda alle nove del sabato mattina, sia un’attività etica con la quale guadagnarsi il pane. 

alla sera non dovrò sciacquarmi schizzi di cacca dal volto, è vero, ma la superbia quella sì che vien via a fatica. e puzza uguale.


parole: 702

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