un rientro teatrale

qualche anno fa intervistai elio de capitani per un documentario. si parlava del futuro del teatro che, a suo parere, sarebbe immortale,  perché l’esperienza teatrale “equivale a quei viaggi in treno, al rientro dalle vacanze, quando si pensa a come, una volta a casa, si vorrà cambiare tutto, ripensare la propria vita, a come si troverà tutto cambiato, si guarderà ogni cosa sotto una nuova luce, ma poi - una volta tornati davvero - tutto rimane come era prima”. mi aveva sempre dato da pensare questa immagine, del teatro come una sorta di sognante lettera di intenti, di viaggio verso il nuovo, tuttavia deluso infine, al riaccendersi delle luci, destati dall’incanto, investiti dall’immutabile realtà. mi aveva colpito anche per la similitudine che aveva scelto, accostando il teatro al rientro dalle vacanze, un momento generalmente malinconico o comunque poco gioioso, intorpidito, impigrito, svogliato e ingrassato dalle coccole del dolce far niente. mi aveva colpito, questa similitudine, perché i miei intenti di rientro, il più delle volte, sono riuscito a portarli - se non a termine - in agenda e quella malinconia di fine vacanza sono sempre riuscito a trasformarla in energia di cambiamento. immagino sia caratteriale, niente ricette. dunque, rimanendo fedele alla similitudine di de capitani, mi piace pensare il mio rientro come un viaggio gioioso, ricco di fiducia e di colpi di scena, un teatro meno plastico e di figura, più imprevedibile e all’improvviso. perché c’è teatro e teatro; e rientro e rientro. adesso rimbocchiamoci le maniche.

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mò te lo buco quell’aeroplano

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