le ragioni del pastore tedesco

ho partecipato a una messa dopo tanti anni, in occasione del matrimonio di un caro amico. proprio perché si trattava di un mio amico - e, dunque, non di un mormone - il prete che ha celebrato il rito era abbondantemente progressista, citando passaggi dalla valle dell’eden di steinbeck e soprassedendo ad alcuni dogmi per rendere la cerimonia meno austera e un poco più alla mano.

all’uscita dalla chiesa e in attesa del lancio del riso, molti commenti da parte dei convitati erano riservati proprio ai modi disinibiti del prete, lodandone modi e linguaggio, ammirandone il fare giovanile e le scelte non convenzionali.

e devo ammettere che anche io, durante la funzione stessa, non mi sono negato sorrisi e pensieri benevoli, nonostante il mio aprioristico rigetto per le cose della chiesa cattolica, lasciandomi coinvolgere nella narrazione del don giovanile.

poi però, soffermandomici nell’arco delle seguenti ore, mi sono domandato quanto effettivamente queste modalità così moderne possano giovare alla crisi della chiesa. cioè, oltre a compiacere noi laici di manica stretta, quanto l’atteggiamento di rottura può avvicinare i ragazzi alla fede? perché il don sarà anche stato sciolto e simpatico e tutto, ma a poco serve, temo, se poi il papa ancora predica la castità fino al matrimonio e sostiene le ingerenze nel dibattito pubblico sul fine vita. e questo papa, lo ricordo, è quello progressista. mi domando: che, da un punto di vista del marketing, non sia il caso invece di far leva su un concetto più esclusivo della narrativa clericale, spingendo su un senso di appartenenza ad una nicchia, piuttosto che ad un’istituzione che si sforza disperatamente di far coincidere i propri deliri medievali con il ventunesimo secolo? e se avesse quindi avuto ragione il “pastore tedesco”, come lo definì il manifesto, a voler reintrodurre la messa in latino e le spalle ai fedeli? che fosse stata l’intuizione più corretta per rendere appealing ciò che di meno appealing c’è in un mondo i cui costumi non sono mai stati più lontani dai dogmi della chiesa dagli ultimi duemila anni a questa parte?

ed è un ragionamento che, beninteso, vale per la religione come anche per la politica. twittare come pischelli e fare il tamarro al papeete non ha poi riconnesso i più giovani con le istituzioni di palazzo, o sbaglio?

a volte fare un passo indietro, anziché avanti - se coerentemente con il contesto in cui il passo viene mosso - può rendere il prodotto più convincente e ammantarlo di quel mistero che la fede ha smarrito.

dunque bello steinbeck, davvero, ma forse tornerei a tommaso d’aquino, se non siamo neanche in grado di tollerare che i preti si sposino nel 2022. tommaso d’aquino. e lo citerei in latino. tira più un ablativo di un carro di buoi. è risaputo.

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