il potenziale disgraziato

mi è sempre suonato strano il termine “potenziale”. come il vecchio payoff di microsoft: “your potential, our passion”, che io interpreto come “potrebbe sfondare, ma gli manca qualcosa”. sarà perché sono stato un liceale fondamentalmente scarso e quel termine ricorreva, come in ogni buon cliché, durante i colloqui coi miei: “ha potenziale, ma —“. 

poi però decido di consultare il vocabolario e scopro che la treccani ne fa invece una questione di tempo:

“che non si è ancora manifestato o realizzato, ma che possiede tutte le caratteristiche affinché ciò avvenga.” 

non ancora, ma è questione di tempo e comunque succederà. figuriamoci se voglio mettere in discussione il vocabolario, ma a me quel “ancora” non mi suona. cioè: uno può avere potenziale, ma mica è detto che nell’arco di una vita poi quell’embrione di capacità si realizzi, che trovi il giusto sfogo, che si esprima in coerenza con quelle potenzialità. e questo per mille ragioni: per tempo, per possibilità, per un banalissimo mancato allineamento dei pianeti. per questo spesso si parla di “potenziale inespresso”, vale a dire che è rimasto potenziale, cioè ipotetico, latente; e mai sapremo se quel potenziale avrebbe condotto a un grande successo. 

più che il fattore temporale, suggerirei il coefficiente di casualità: 

“che non si è manifestato o realizzato, ma che possiede tutte le caratteristiche affinché ciò avvenga, con il dovuto culo.” 

perché, lo sappiamo bene, nella vita il talento ha un peso relativo se non si formano le circostanze necessarie a dargli credito.

che potenziale questa italia, e che peccato vederlo puntualmente soffocato da una classe politica inetta; quanto potenziale inespresso, che spreco di talento. ma questo delitto, no, non si può attribuire alla iella, perché - piaccia o meno - la classe politica l’abbiamo votata noi. mortificare il talento è una delle grandi specialità italiane e come si dice anche delle ricette più classiche della nostra tradizione: “è un piatto senza tempo”. 

parole: 317

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