piazza bologna

sebbene io abbia di me stesso un’idea - che spesso coincide con quella degli altri - di persona irruente, inflessibile, severa, per molti versi intollerante, ci sono stati alcuni momenti della mia vita che mi hanno visto inspiegabilmente condiscendente e remissivo. in particolare mi è impresso questo episodio che io ricollego a piazza bologna a roma, quando in verità ero sì sulla metro blu, ma credo su un tratto antecedente. sarà stato sei o sette anni fa e cosa ci facessi in questa parte della città lo sa il buon dio. fatto sta che faceva caldo, in metro eravamo tutti stretti e si sudava parecchio, ricordo i pantaloncini da tennis che avevo addosso, li ruppi anni più tardi scavalcando un cancello. e ricordo questo signore, del quale non rammento la faccia, un uomo alto e massiccio, che approfittando della ressa, lentamente mi costringe verso la parete del vagone e con un sottile sorriso comincia a toccarmi con il dorso della mano. e io rimango talmente sbigottito, è un gesto che mi è talmente estraneo, che me ne sto lì, impietrito e immobile, facendo di tutto per non incontrare il suo sguardo e trovare il coraggio di sgusciare via ad una fermata qualsiasi. ma non ricordo assolutamente quanto durò l’intera vicenda, so che riflettei su quanto fosse inappropriata la mia mancata reazione, quasi al pari della molestia stessa che stavo subendo. ricordo perfettamente il cuore che mi picchiava all’impazzata nel petto, il volto avvamparmi, un senso diffuso di vergogna  e di inadeguatezza. 

ieri sono passato da piazza bologna per la prima volta in almeno sette anni e mi è ritornato su tutto. son cose, queste, che ti rimangono appiccicate addosso forse per sempre. e che mettono in discussione tutto ciò che di te stesso credevi di sapere. 

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uno specchio incrinato

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in principio è la solitudine