piangerò
nonostante la mia notoria piangeria, dal cinque novembre ad oggi ancora non sono riuscito a concedermi un attimo di cedimento, di breve, liberatorio, salvifico crollo emotivo. ancora, sento, non si è sbloccato il groppo che il diventare padre naturalmente comporta, la matassa di novità e di frustrazione, di gioia immensa e di globale sconforto, frullati insieme in quella miscela agrodolce che conduce alla contemplazione ogni mattina, nello specchio, del ritratto di uno sconosciuto signore, più stanco, più anziano, come di un soldato di ritorno dal fronte, trasformato dal travaglio della trincea. esagero, lo so, ma anche l’esagerazione, pare, fa parte del pacchetto che viene con la paternità: la necessità di sentirsi eroi, unici nel proprio sforzo, nella propria incommensurabile dedizione e trascuratezza di sé, anche - se non esclusivamente - per giustificare in qualche maniera la subordinazione e scarsità di impatto rispetto alla ben più indispensabile madre.
dunque sento che quel tasto ancora mi manca, un liberante attimo di cedimento, soffocato di mezzo ai tanti lui, lui, lui che ogni momento della giornata occupano con prepotenza. e allora un giorno, forse presto, come cantava battisti “mi sveglierò, camminerò, lavorerò, qualche cosa farò, qualche cosa di sicuro io farò: piangerò.” sì, io piangerò. e va bene così.
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