ora che niente è cambiato
e adesso? ora che la nostra curva d’attenzione è in picchiata, ora che davvero non si sa più a cosa credere, ora che sono state mescolate tutte le carte e tutti sono fascisti o nazisti, russi, ucraini, italiani, ora che non riusciamo più a capire bene a che punto sia questa guerra, chi la stia vincendo, chi perdendo, cosa succeda da ora in poi, ora che abbiamo evocato l’atomica più volte al giorno, ora che ogni mattina ci si sveglia col dubbio che durante la notte sia accaduto l’irreparabile, l’insospettabile, con la certezza che verremo ancora sorpresi con la notizia più assurda che dio abbia mai mandato in terra — ecco, ora che davvero ognuno ha detto la sua mentre i poveri cristi stavano sotto le bombe, ora che della guerra abbiamo visto tutto ciò che ci era possibile vedere e che fino ad oggi ci era stato negato di vedere, senza voler essere cinico, ma l’abbiamo capito che manco questo, niente di tutto questo, ci potrà rendere migliori? se dopo due anni, tra pandemie e guerre, sento ancora qualcuno dire che “ne usciremo migliori”, che qualcosa, anche dalla guerra in ucraina, dobbiamo averla imparata, beh, credo davvero che non ci sia più speranza. cosa, precisamente, speriamo che la gente abbia imparato? quando, esattamente, avete avuto la sensazione che il timore qui, a casa nostra, sia stato realmente tangibile dal ventiquattro febbraio a questa parte? chi di grazia (io no, beninteso) al di là di un pur onesto dispiacere, dolore perfino, ha rinunciato a un aperitivo il venerdì sera per una reale inquietudine legata alle immagini di mariupol bombardata o delle fosse fosse comuni a buča? se nulla ci tocca, ma toccare veramente dico, allora forse due domande su cosa siamo diventati, perché lo siamo diventati e come fare a recuperare un briciolo di empatia, dovremmo porcele. altrimenti continuerà a valere tutto e tutto rimarrà sempre un film che possiamo interrompere in qualsiasi momento, a seconda del nostro umore.
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