la milano bandita (che ghe n’é piü)
della criminalità - organizzata e non, territoriale come sovranazionale - l’italia della letteratura e dell’audiovisivo ha saputo fare un business. i prodotti che più abbiamo esportato all’estero certo sono quelli che trattano di bande e camorra; uno specchio infedele del paese, che tuttavia ha permesso di mantenere una certa allure vintage della penisola, confortando l’immaginario distorto che all’estero nutrono di una delle economie più forti al mondo. da italiano, poi, mi permetto di commentare anche - giusto un poco - “eccheppalle”; mi sarà concesso, spero.
ciò detto, eccezion fatta per un certo successo (entro i nostri confini) maturato dalla serie 1992 e dai suoi sequel, l’ambientazione delle storie più gettonate nell’export sono sicuramente quelle con setting da napoli in giù (laddove la stessa 1992 per qualche ragione vede una prevalenza di attori meridionali che si sforzano di replicare - con scarsi risultati - l’accento del nord). ora le acque sembrerebbero essersi un po’ chetate e magari anche i nostri sceneggiatori hanno scoperto che dell’italia si possono raccontare altre storie oltre a quelle che riguardano la camorra. forse.
intanto però ha riscosso un certo successo il primo podcast italiano a sfondo criminale (una docu-serie, per giunta) che sorprendentemente è ambientata proprio a milano. “milano bandita” è un podcast originale di audible (amazon), realizzato da gli ascoltabili e questa è la descrizione che ho reperito sul loro sito:
“milano, quando vuol cambiare, dimentica il passato. quartieri che oggi sembrano di grido, pochi decenni fa erano fatiscenti e abitati da gente umile: sono stati sventrati, ripensati, ri-abitati. quando ci sono soldi, a milano, tutto cambia forma. si cerca l’attuale, per viverlo al meglio. si sono perse tradizioni, volti, si è perso pure il dialetto. milano bandita racconta i personaggi del crimine che hanno segnato una città che non esiste più. la ritrovi nelle fotografie d’epoca. In qualche libro, in qualche film. personaggi che sono stati degli eroi e dei criminali. quelli della ligéra ma anche i signori più spietati della mala. l’attore mauro malinverno conduce un viaggio che passa dalla rocambolesca e cinematografica rapina di via osoppo alla folle corsa assassina della banda cavallero, senza dimenticare figure come vallanzasca, turatello ed epaminonda.”
e queste poche righe già racchiudono molto anche del linguaggio e del tono adottati nella serie. con l’atmosfera tipica dei polizieschi americani anni ottanta, musiche ritmate e con abuso di sintetizzatori, la voce calda e confidente, il narratore dichiarato, attempato, con la voce di chi ha indirettamente testimoniato i fatti o, almeno, forte di un’età non precisata, avrebbe potuto esserci. e sul narratore ci sarebbe da soffermarsi, perché i manierismi spesso eccessivi sono bilanciati da un uso impeccabile del dialetto e degli intercalari, rendendo la narrazione per la maggior parte del tempo plausibile e scorrevole. ma è la scrittura il piatto forte, capace di attualizzare e ricontestualizzare fatti sconosciuti ai più (specialmente alla prevalenza dei fruitori di podcast, che al tempo dei fatti non erano lontanamente concepiti), con un entusiasmo quasi calcistico e una ricostruzione delle atmosfere a dir poco impressionante.
io milano bandita, pur non potendomi reputare un amante del genere, l’ho ascoltata tutta d’un fiato mentre facevo delle massicce pulizie in casa e posso dire che buona parte della narrazione mi sia rimasta attaccata alla pelle come raramente mi accade con i podcast. perché come dicono gli ascoltabili, quella di milano bandita è una città che non esiste più, ma che è doveroso non dimenticare che sia esistita, per poterla vivere ancora con un pizzico di umanità. o almeno provarci.
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