ma questo non lo sapremo mai

la divulgazione mainstream sulla storia d’italia, bene o male, segue sempre le solite piste. siamo un paese che, dal secondo dopoguerra in poi, ha sviluppato un’iconografia forte, fatta di appuntamenti irrinunciabili dei quali o si sa ormai tutto, oppure si sa che sono ancora avvolti dal mistero. la foto di pertini che gioca a scopa in aereo con la coppa sul tavolino, falcone e borsellino che ridono gomito a gomito, il terrorista incappucciato che svuota il caricatore in via de amicis, il giovane berlusconi con il revolver sulla scrivania, craxi sotto la pioggia di monetine fuori dal raphael, eccetera.

grazie in particolare a oltre settant’anni di servizio pubblico, sono stati prodotti una quantità di film e documentari su scala industriale, tutti con la loro personalissima missione di sviscerare il dettaglio ancora inedito, di raccontare l’aneddoto sepolto, ma tutti, e dico tutti, costretti poi a capitolare negli ultimi minuti di montato con il celebre “ma questo non lo sapremo mai”.

davvero, se uno porta quel minimo di interesse per la storia italiana, è garantito che sia già ampiamente messo nelle condizioni di sapere tutto al contrario di tutto. io ho la fortuna, o la sfortuna, di essere di quelli; e se ancora mi capita di leggere il titolo di un podcast che lascia presagire un’immersione nell’aneddotica del paese, mi risulta impossibile tirarmi indietro. dopodiché mi trovo mestamente a riconoscere che, anche questa volta, mi hanno servito la solita pappina da libro di testo, con l’audio della vedova schifani, le ultime frasi del discorso di berlinguer a padova, le registrazioni della chiamata che annuncia il ritrovamento del corpo di moro in via caetani.

temo che anche questa ennesima replica - che immagino si reputi originale per la novità del medium - rientri nel fenomeno feticista del remake, fenomeno di cui la nostra cultura è ancora prigioniera da svariati anni. la necessità, anziché rimboccarsi le maniche e sforzarsi di fornire una prospettiva nuova, di limitarsi a sciorinare una propria interpretazione della quale nessuno, al di fuori dell’autore, sentiva la necessità.

e così anche per la storia d’italia: eventi che è possibile ripercorrere scegliendo tra una infinita platea di prodotti editoriali e audio-visivi, finiscono per venire narrati ancora e ancora secondo i medesimi spartiti, con scarsissime variazioni sul tema.

lo so, sono severo. il fatto è che mi dispiace, perché davvero reputo che la storia del nostro paese necessiti di nuovi modi di venire raccontata. perché è sì storia e dunque passato, ma che può risultare sempre nuova; magari con un piccolo scarto creativo, con risibili espedienti di narrazione che forniscano un punto di vista originale.

che bello sarebbe riascoltare, ancora una volta, il passaggio finale dell’ultima lettera di moro alla sua noretta, con orecchie nuove, con un rinnovato brivido di commozione: “vorrei capire, con i miei occhi mortali, come ci si vede dopo. se ci fosse luce, sarebbe bellissimo.”

sì, sarebbe bellissimo se continuassimo a trovare modi sempre nuovi di emozionarci di fronte alla storia tanto complessa del nostro paese. ma questo, come direbbe qualcuno, non lo sapremo mai.

o forse sì?

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