m, da scurati a popolizio (passando per la mia invidia)

io m di antonio scurati non l’ho mai letto per una ragione di titolo innanzitutto.

quasi sei anni fa, a conclusione del percorso in scuola holden, ancora nutrivo il sogno di potermi affermare come romanziere - sì, mi sono sempre piaciuti i settori semplici e redditizi. trascorsi quindi i mesi finali del biennio a scrivere il mio romanzo d’esordio, per il quale nutrivo - insieme a fiduciosissimi parenti e amici - grandi aspettative. si trattava di un intreccio che si dipanava a cavallo tra gli anni venti della bohème di montmartre e la livorno degli anni ottanta, sulle tracce dell’uomo e del mito di amedeo modigliani. viene fuori un manoscritto, a mio avviso, di tutto rispetto: un romanzo d’avventura ironico e senza presunzione. nonostante i suoi molti limiti, un bravo agente se ne affeziona e decide di prenderci in carico - me e il romanzo - e di aiutarmi a trovare un editore. tuttavia non prima di avere dato una bella spazzolata al manoscritto e di avergli trovato un titolo. va come non va, alla fine la scelta ricade proprio su “m”, perché tutti gli altri non graffiavano. ci trovavamo allora alle porte dell’estate 2018. lo stesso settembre sarebbe uscito nelle librerie il tomo di scurati. ben presto mi convinsi che molti dei responsi negativi da parte degli editori giungessero per via di quel titolo ormai bruciato e non, come sicuramente doveva essere, per mancanze del mio romanzo, che queste risiedessero nella prosa oppure in logiche commerciali. trovai il coraggio di prendere tra le mani il figlio del secolo in una libreria, molti mesi dopo, soltanto per convincermi di ciò che già sapevo: prosa poco scorrevole, narrazione eccessivamente articolata, edizione poco maneggevole e poi “non ho né il tempo né la concentrazione per leggermi un papiello di novecento pagine”. bon, finita lì.

stacco, esterno notte, esco dal piccolo strehler stasera dopo tre ore abbondanti di rilettura di m, la settimana dell’elezione di fratelli d’italia, col groppo in gola per l’emozione. popolizio in grazia di dio, ha saputo raccontare l’ascesa di mussolini fuor di retorica e con uno sguardo di attualità sconvolgente, assottigliandosi paurosamente la linea di demarcazione tra la realtà che va incontro al testo e viceversa. nonostante alcuni eccessivi manierismi di interpretazione (ma, infondo, siamo al piccolo), un’impresa titanica, elegantissima e di notevole rilievo artistico e storico.

pur non avendo letto il libro, si sente che la voce predominante è quella di scurati, cui popolizio ha evidentemente scelto di rimanere fedele, in particolare per uno specifico aspetto della messa in scena: l’io narrante schizofrenico che salta di bocca in bocca, ora nella prima ora nella terza persona, facendo diventare mussolini di tutti e tutti di mussolini, rappresentandone la responsabilità collettiva, oltre che individuale.

questo chiaramente non significa che leggerò il libro: sono ancora arrabbiato con scurati per aver scelto la stessa lettera dell’alfabeto come titolo di un romanzo nettamente superiore al mio, casualmente pubblicato mentre io ero alla ricerca di un editore. però ragazzi, che impresa mastodontica, che ricerca, che perizia storico letteraria!

e poi oggi. proprio oggi, che brividi vedere tanti aspetti sovrapporsi attraverso i decenni. a proposito: il 31 ottobre ricorre il centenario della marcia su roma. così, per dire, le coincidenze.

“poche cose corrompono tanto un popolo come l’abitudine all’odio.” sipario, luci in sala, continua la recita.

parole: 551

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