limonero
è bello imbattersi, per caso o vada come vada, in comunità straniere nella propria città. forse dietro a una risposta in spagnolo al telefono si potrebbe leggere la mancata integrazione, ma la coabitazione della comunità peruviana nel giambellino mi è parsa più che armonica e felice. da neofita della loro cultura, non avendo mai visitato il paese, né avendo mai conosciuto persone da esso provenienti, né ricordando di aver letto libri o visto film ambientati in perù, varcare le soglie del ristorante limonero è stato un salto nel vuoto, ma più che mai ripagato dall’azzardo culinario e culturale più insperato che l’ultima domenica prima di natale possa rappresentare. nonostante la musica latina incessante e a volumi proibitivi, scoprirsi l’unico italiano seduto ai pochi tavoli e tuttavia - proprio per questo - sentirsi gli occhi del ristorante addosso, è un’esperienza che, nella stessa mia città, mai mi era capitato di vivere.
ho ordinato le banane fritte col formaggio e il lomo saltado (carne di manzo saltata in wok con cipolle e peperoni, servita con patate e riso), roba assurda per noi ma che mi è parsa ricca e buonissima; poi, incuriosito dai biberoni gialli di inca kola che troneggiavano sui tavoli dei nostri commensali (dal colore poteva sembrare una sorta di cedrata - errato) mi sono lasciato trarre in un inganno fatale, ordinandone per fortuna soltanto una piccola bottiglietta.
ho trascorso due ore come in trasferta, una benedizione ora che il bambino è appena nato e il tragitto più lungo è rappresentato dal bar all’angolo. suonerà come una banalità, lo so, ma a volte basta incorrere - anche brevemente - nella diversità culturale interna alle nostre comunità per avere la sensazione del viaggio. e per scoprire qualcosa di nuovo.
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