intervistate quel treno!

che bel gesto, quello di andarci in treno, a kyiv. che poi sarà anche stato quello più raccomandabile per motivi di sicurezza e bla bla bla. però intanto è un bel gesto, una bella immagine, una bella scelta; romantica, antica, carica di èpos. hanno tagliato l’europa, dai loro paesi, via terra, per raggiungere volodymyr oleksandrovyč zelens'kyj, undici ore su rotaia, hanno attraversato il checkpoint a piedi. avrebbero potuto andarci in aereo, un paio d’ore di volo, quella che i giornalisti chiamano “incursione” o “blitz”, imprestando i termini proprio dal lessico militare. niente di tutto questo, ci sono andati in treno, la via più lenta, più classica e più sostenibile. una bella scelta narrativa, bel tocco, nice touch.

se quei vagoni potessero parlare, sarebbe bello intervistarli. che meraviglia sarebbe se al ritorno venisse proposto sulla rai un servizio postumo che ci mostrasse le carrozze, la vita a bordo, l’organizzazione della sicurezza. o magari scoprire che sul convoglio fosse stato ammesso un solo giornalista e che tra qualche mese uscirà in libreria il suo resoconto del viaggio, condito di imprevisti e dietro le quinte da spy story. come si sono organizzati i servizi segreti? un vagone ciascuno? i francesi sul vagone francese, gli italiani su quello italiano, i tedeschi sul vagone tedesco? o è stato formato un gruppo misto? come si organizza un viaggio del genere? ma soprattutto: chi lo organizza? i francesi? i tedeschi? gli italiani? o forse gli italiani si sono occupati del cibo, i francesi delle bollicine, i tedeschi dell’organizzazione?

e qui mi fermo. che storia meravigliosa dietro a quell’immagine. chi ama l’europa non può che rimanerne ammaliato.

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alla velocità della luce, in uno sgabuzzino

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imparare dalla pesciarola