grazie per non stirarmi

se ben ricordo, la - trascurabilissima - questione era nata su tiktok, quando qualcuno si era accorto che l’italia è l’unico paese in cui si ringrazia quando una macchina ci lascia attraversare le strisce pedonali. vero. allora qualcun altro aveva obiettato che è sbagliato ringraziare, che attraversare le strisce pedonali è certamente un diritto e che quello del ringraziamento con la mano alzata altro non è che un retaggio neoliberista che indica quanto l’automobile sia diventata una padrona scontata dello spazio urbano, soggiogando il pedone a tal punto che questo si senta costretto a ringraziare per poterne attraversare la traiettoria. i veri problemi della vita, direbbe qualcuno. poi è pur vero che questo ennesimo flame social mi ha dato da riflettere in più occasioni e devo ammettere che possiede un certo fondamento di verità (condito da inutile retorica woke, ça va sans dire). perché è vero che ringraziare per attraversare la strada non ha alcun senso sul piano logico; come è vero che ringraziando, quello che è un diritto ben più antico della fiat passa per una gentile concessione. è vero. ma mi viene anche il dubbio che il gesto possa essere nato in un periodo antecedente il boom economico, in cui i proprietari di automobili si contavano sulle dita di una mano e il ringraziamento era forse addirittura un saluto e alla vettura in sé (oltre che a ciò che rappresentava) e all’autista stesso, che in un’italia dalla densità di popolazione nettamente inferiore ed estremamente localista, era molto probabile conoscere. poi saranno elucubrazioni mie, ma fatico davvero a percepire quella fugace mano alzata come un gesto di sottomissione, quanto un segno - forse tra gli ultimi - di cortesia e di civiltà, all’interno del vivere convulso in comunità. laddove le città sono sovraffollate, abbiamo comprensibilmente smarrito l’abitudine di salutarci l’un l’altro per strada (come invece alcuni coraggiosi si intestardiscono a fare in montagna), ma con l’avvento di smartphone e cuffie diventa persino difficile incrociare lo sguardo con uno sconosciuto. ecco, io con la rabbia e l’egoismo che circolano in questo periodo, cerco di non dare per scontato neppure chi arresta la sua frenetica corsa per lasciarmi passare, sforzandomi - addirittura - di accompagnare il gesto di ringraziamento con un accenno di sorriso. sbaglierò, ma lo trovo un bel momento (il più delle volte) in cui uno sguardo e un sorriso ricambiato possono ristabilire un contatto umano, fugace e superficiale, scavando una breccia nella spersonalizzazione del vivere urbano. non tutto deve per forza diventare una battaglia ideologica di riappropriazione del sé; soltanto questo volevo dire.

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quel “credo” pesa come un macigno