il format ibrido di via pasteria

sulla nostra strada ha di recente aperto un nuovo ristorante. in principio non gli abbiamo dato troppo peso, giocando il suo posizionamento sull’über-italianità: la pasta fresca, che è il prodotto core del locale, compare sia nel nome, sia arrotolata intorno a una mano a “chef’s kiss” (come lo chiamano all’estero) nel logo. insomma, forse nel modo di presentarsi via pasteria gioca un po’ troppo sul luogo comune e rischia di passare per un luogo destinato ai turisti. eppure quei tendalini gialli e le pareti di mattone recuperate con tanto garbo ci hanno incuriositi e ieri sera siamo andati a provare i nostri nuovi vicini.

acqua gratis (frizzante e naturale), numerose postazioni di ricarica gratuita per gli smartphone, il pane fresco a disposizione e libero in una cesta: tutto fa pensare ad un’impresa straniera; ed è questa la forza di via pasteria, il format ibrido che coniuga la tradizione italiana con un modello di servizio e di permanenza nordico. mentre nella cucina a vista si avvicendano alla stesura della pasta, si ordina e si paga in cassa, dove cordialmente viene illustrato il menù - i cui ingredienti sono rigorosamente stagionali - e si viene muniti di un token che ci avvertirà quando il piatto è pronto (ma ieri sera, ad esempio, non essendo affollato siamo stati serviti al tavolo).

in via pasteria vengono offerti i piatti della tradizione italiana: spaghetto al pomodoro, maccherone alla carbonara, fusillo al pesto, pacchero alla norma, lumachina (ormai introvabile) in zuppa, linguine calamari e bottarga. il menù, che combina la classicità della ricetta con ingredienti di prima qualità, ha costretto i soci a risparmiare sul servizio al tavolo per mantenere alto lo standard di prodotto: una scelta gestita con eleganza e originalità.

quando abbiamo finito di mangiare, uno dei proprietari - manfredo - ci raggiunge fuori per fare due chiacchiere. è per metà americano, ci confida, e ha lavorato per molti anni in ristoranti di lusso in tutto il mondo: via pasteria è il suo primo progetto personale e segna il suo ritorno a milano. concordiamo che per viaggiare come dio comanda, è necessario mantenere una mente aperta: andare all’estero per mangiare nei ristoranti italiani ci rinchiude su noi stessi. dunque ci offre due tiramisù che - non lo dico con serenità - non hanno nulla da invidiare a un pompi romano. spesa complessiva: 54€ in quattro più la mancia, in quanto abbiamo beneficiato di uno sconto di prossimità - riservato agli abitanti del quartiere - del 25%; una cosa da non crederci.

milano esiste ancora e lotta insieme a noi. questa città ha un dannato bisogno di ristoranti come via pasteria e di imprenditori come manfredo. chapeau. e grazie.

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finalmente, l’autunno

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18 maggio 2013