il feuilleton del secolo

si è concluso, dopo dieci mesi, il reportage di carrère sul “processo del secolo”, rivolto agli affiliati dello stato islamico che hanno concorso alle stragi del 13 novembre 2015. si tratta a mio modesto avviso, di una delle iniziative editoriali più rilevanti dei tempi recenti, della quale spererei di riuscire a ottenere presto dei numeri che confermino il mio auspicio.

si era preso un impegno mastodontico verso i propri lettori, l’autore francese, che ha mantenuto quasi ininterrottamente (eccezion fatta per due o tre uscite mancate e mal comunicate dall’editore - quantomeno quello italiano) entrando in profondità e in dettaglio di quella che si presentava come un’epopea tutt’altro che di facile lettura. l’intuizione del nouvel observateur (in robinson, per l’italia) di rispolverare il caro vecchio feuilleton ha dato modo ad uno dei più rilevanti narratori del nostro tempo di immergersi in un formato che sembrava sorpassato e che invece proprio nella sua frammentazione (la cui struttura ricorda i podcast) ha trovato un fortunato riscontro. o almeno parlo per quanto mi riguarda. dallo scorso settembre non ho mancato un singolo appuntamento, trovando il modo di procurarmi una copia cartacea dell’inserto di la repubblica ogni sabato e perfino, durante le mie permanenze all’estero, rivolgendomi alla cortesia di parenti e amici che lo prendessero in custodia fino al mio ritorno. ho concluso la lettura dell’ultima puntata con sincera amarezza, aggiungendo le pagine di racconto al plico collezionato, provando quella sensazione di vuoto che soltanto le grandi storie son capaci di trasmettere all’ultima pagina.

e non entro nel merito del contenuto, dall’avvincente cronaca del dibattimento alle testimonianze dei sopravvissuti così fedeli e crude, la disamina della parte civile quanto della difesa tanto accorate e di quell’arguzia della quale soltanto la penna di carrère è capace. un’opera che si va ad aggiungere all’olimpo dei grandi, misurando l’autore di limonov non più soltanto come scrittore, ma in maniera più ampia come narratore a tutto campo, giocando carrère sia sul terreno cinematografico come su quello giornalistico con uguale disinvoltura.

c’è soltanto da auspicare che l’eredità di questa iniziativa possa accendere diverse lampadine nel settore editoriale, che di prodotti come questi non può che beneficiare (laddove - ça va sans dire - venga rispettato un livello sufficientemente alto dal punto di vista qualitativo).

che vuoto. mi sa che questa sarà l’estate buona per dostoevskij.

parole: 385

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dialettica urbana a mezzo protesta