dialettica urbana a mezzo protesta

gelateria avgvsto, in viale coni zugna. non sarebbe nemmeno necessario commentare la vicenda, se non fosse di per sé così assurda, distopica, rivelatrice.

qualcuno - presumibilmente il proprietario - si è evidentemente sentito in obbligo di esibire un cartello sui vasi che si trovano fuori dalla gelateria con scritto: “ciao! io sono una pianta. il cestino è lì →”

la formulazione l’ho trovata particolarmente agghiacciante, perché a ben pensarci è estremamente grave (non comico) che qualcuno non riconosca una pianta. solo in città; altrimenti no, non getteresti la tua coppetta vuota in un vaso traboccante di alloro australiano (?). non riesco a capacitarmene, perché buttare una cartaccia per terra, sull’asfalto della città, lo trovo ancora comprensibile - non giustificabile, ovviamente - riesco cioè a capire che non scatti nella mente di tutti un’allerta rossa di rimorso civile; ma una pianta, come si fa a gettare rifiuti direttamente in un vaso rigoglioso di foglie vive?

e allora ho trovato davvero la forma del biglietto illuminante, con quel saluto iniziale, quel “ciao” che prelude la prima persona, quella presentazione senza rabbia, del tutto benevola e paziente, di chi sembra davvero credere che forse - forse! - chi abbia gettato i suoi rifiuti nel vaso non avesse riconosciuto la pianta, che forse - forse! - manco ne abbia mai vista una prima di allora o che forse - forse! - nessuno gli abbia mai spiegato che le piante sono creature viventi e che meritano rispetto perché ci permettono di continuare a campare.

che poi la dialettica urbana meriterebbe davvero un capitolo a sé. ricordo quando vivevo a garbatella e nel mio lotto regolarmente qualcuno lasciava i bisogni del cane in contingenza della nostra scala. una mattina un condomino - so chi - si era premurato di far trovare i bisogni su un piattino di plastica, infilzati con forchetta e coltello. il messaggio era chiaro, non necessitava di nota di accompagnamento. a roma hanno il pregio di farsi capire.

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