diego nel fango
non ho mai nutrito particolare simpatia per maradona, né ho mai condiviso la smisurata ammirazione dei napoletani per il “loro” diego. non ho mai trovato la sua storia di particolare ispirazione, ma mi sono limitato ad amare le sue giocate, da semplice appassionato del calcio.
poi però c’è questo video che ciclicamente qualcuno ripropone sul web, che mi fa girare la testa dalla bellezza. siamo a napoli, ma il tempo è inglese, si tratta di un allenamento che sembrerebbe organizzato per le telecamere: compaiono soltanto maradona ed uno sconsolato portiere che si limita a ridere di gusto.
fango, di quel fango pesante e denso di quando ha piovuto per giorni, un campo che è più fango che erba e quel bambinone che, con la tuta blu e la pettorina con scritto buitoni, nel fango ci si tuffa, ci si rotola, ci si lancia addosso, come avesse otto anni, come solo i bambini osano fare. e poi tutta una sequenza di palleggi, di rigori a cucchiaio, di dispetti e inseguimenti, di sombreri e di rovesciate.
il ritratto della gioia, il piacere del gioco fissato nel tempo, dimentico di sponsor e benefit e lusso e perfino dimentico della droga, ma solo amore per il pallone.
e forse era proprio quella la grandezza di diego, la vera ragione per la quale la città di napoli lo adottò amandolo più di un figlio: per la gioia; e per il fango.
come dice la celebre canzone di rodrigo bueno (e sembra scritta apposta per accompagnare i suoi palleggi inzaccherati): “llevó alegría en el pueblo / regó de gloria este suelo”.
per la gioia, per il fango e per i diamanti che era in grado di far nascere dal letame.
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