creative director, mon amour

«Non sono mai stato sicuro che la morale della storia di Icaro dovesse essere: 

"Non tentare di volare troppo in alto", come viene intesa in genere, 

e mi sono chiesto se non si potesse interpretarla invece in un modo diverso: 

"Dimentica la cera e le piume, e costruisci ali più solide.”»

— Stanley Kubrick

Gucci continua il percorso di iper-personalizzazione della comunicazione, nell’orma del suo direttore creativo Alessandro Michele. Per l’apertura della 79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, la casa di moda del gruppo Kering ha divulgato un video in tributo al genio di Kubrick, reinterpretando alcune tra le scene più iconiche della sua produzione, accostandone i costumi alle collezioni di Gucci. Arancia Meccanica, 2001: Odissea nello spazio, Barry Lyndon, Shining, Eyes Wide Shut e un ammiccamento in chiusura anche ai titoli di coda a quadri monocromatici con over bianchi, tipici della filmografia di Kubrick. 

La campagna #ExquisiteGucci combina dunque il momentum artistico - che, come di consueto, coincide con la ripartenza dei primi di settembre - con la firma del suo eccentrico direttore creativo, dando seguito a un trend avviato da tempo, ma sempre più marcato ed esplicito.

L’impronta autoriale viene infatti ribadita anche con il palesamento della regia, affidata al duo londinese Mert&Marcus (Mert Alas e Marcus Piggott), iconico per la produzione quasi trentennale che li ha portati a collaborare con le più importanti maison di moda del mondo. La scelta di dare rilievo a figure che, in ambito pubblicitario quantomeno, non ne hanno mai goduto, è la riprova di un trend che Gucci sembra intenzionata a cavalcare da protagonista, al fianco di altri brand come la Balmain di Olivier Rousteing, la Burberry di Riccardo Tisci, la Bottega Veneta di Matthieu Blazy: tutte figure carismatiche che sono state chiamate a lasciare un’impronta decisiva sui corsi creativi delle loro maison, al pari degli anni in cui questo ruolo apparteneva ai fondatori stessi delle case di moda, come lo sono stati tra gli altri Coco Chanel, Elsa Schiaparelli, Valentino, Roy Halston e Giorgio Armani. 

Far ricadere la scelta proprio su Kubrick, poi, aggiunge un allure interessantissima, trattandosi del regista maniaco del controllo per eccellenza, ossessionato dai dettagli, dai simbolismi, dai significati nascosti, un artista poliedrico, che ha fatto della sua opera un percorso di ricerca dei generi, al di fuori di ogni possibile convenzione. Un antagonista del suo tempo, un infiltrato nella Hollywood commerciale dei grandi blockbuster: non a caso su tredici film prodotti, ricevette tredici candidature agli Oscar, delle quali una sola ne vinse, per gli effetti speciali di 2001: Odissea nello spazio. Ma si tratta anche di uno dei registi che più ha espresso amore e ammirazione per l’Italia e per il suo cinema (per sua stessa confidenza, I Vitelloni di Fellini fu la sua pellicola preferita in assoluto) e dunque si ritorna a un tributo anche al nostro Paese, per chiudere il cerchio sotto Mostra. E non è tutto qui per quanto riguarda l’orgoglio nazionale, i costumi della campagna sono stati curati dall’iconica Milena Canonero, costumista (torinese) storica di Kubrick, per il quale ha vinto anche un Oscar nel 1976 proprio con Barry Lyndon. Ecco, se forse il video tributo ha una pecca, è quello di avere concesso il lusso di una menzione a Mert&Marcus e di non avere invece citato la Canonero. 

Ad ogni buon conto, in Exquisite Gucci nulla sembra affidato al caso e l’intento di premere per questa umanizzazione prepotente della creatività sembra volersi ormai affermare come un marchio di fabbrica del brand fiorentino: una scelta chiaramente premiante, ma anche rischiosa. Cosa succede infatti quando poi queste figure predominanti vengono a mancare? (nel senso ampio del termine, ci mancherebbe)

Soltanto pochi giorni fa, proprio BOF si domandava: “How Does a Brand Like Louis Vuitton Choose a New Designer?” in riferimento al tempo che la maison ha impiegato e continua a impiegare nella ricerca di un successore a Virgil Abloh. È proprio considerando il crescente peso che figure come Abloh e Michele ricoprono all’interno dei brand di moda, che risulta lampante la loro insostituibilità, trasformandosi in gambe portanti del tavolo, diventando essi stessi dei cosiddetti lovemarks, al pari dei brand che rappresentano. 

Ma al netto di premature speculazioni, è indubbio che il ruolo cui è assurto Michele abbia giovato al posizionamento di Gucci, che grazie agli amori e alle passioni del suo direttore creativo - che per sua cifra ama unire alto e basso, cultura pop e riferimenti alle arti - ha voluto tributare la Settima Arte oggi così in grave difficoltà dopo i tre anni che hanno svuotato le sale, mettendo in ginocchio un intero settore. Dunque ben venga questo mash up non soltanto tra Adidas e Gucci, ma anche tra street wear e merletti settecenteschi, tra horror e glamour. Perché, parafrasando lo stesso Kubrick, “se può essere scritto, o pensato, può essere filmato” e questo Alessandro Michele, è evidente, lo ha capito molto bene. 

Questo articolo è comparso sul magazine di no panic il 2 settembre 2022

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