contro la chiaroveggenza su carta stampata

dal profilo instagram del buon franchi appuro che anche a questo giro repubblica comincerà l’anno con un inserto speciale intitolato “l’anno che verrà”, una convenzione che mi ha fregato già in passato (avendola trovata accattivante in tempi non sospetti), ma che col 2023 alle porte mi pare obiettivamente anacronistica. ma ci sono appuntamenti che sappiamo già essere imprescindibili nel nuovo anno, potrebbe dire qualcuno; e allora mi viene da pensare che il 2020 non ci ha insegnato nulla (se erano riuscite a saltare le olimpiadi, mi dico). la butto lì, ma credo che il giornalismo - quello italiano, all’estero non lo so - dovrebbe tornare a fare meno chiaroveggenza e più analisi, che è poi la missione che gli compete. l’anno che sarà, quelli di repubblica non lo sanno. come non lo sa nessuno, eh beninteso, ma credo che inserti come questo siano più rappresentativi che mai di un approccio bislacco alla professione e che descrivono con accuratezza le ragioni per le quali il pubblico ha preso le distanze dalla carta stampata. il mestiere del giornalista e del giornale non è prevedere il futuro, ma spiegare il presente e ritenere, già sin d’ora, che il due gennaio ci sarà spazio nei nostri immaginari per futuribili previsioni - dopo il 2020, il 2021 e il 2022 - anziché tanta ciccia arretrata da esaminare, ecco lo trovo quantomeno stravagante. ma lo dico da lettore, eh, che ne so io di come si vendono automobili.

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la schiavitù dell’agenda nera

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