bilancio di un ricambio generazionale

ciclicamente le squadre sportive passano, nell’arco di brevissimo tempo, dalle stelle alle stalle. accade che formazioni vincenti, iconiche, apparentemente imbattibili, si smembrino anche in pochi mesi, salutando le proprie stelle che, gioco forza, si ritirano dallo sport giocato per lasciare posto alle nuove leve. avviene dunque che i club sprofondino repentinamente in un oblio di transizione, in attesa che nella squadra si riconsolidino spirito di spogliatoio, intesa di gioco, equilibrio di ruoli, perché la formazione possa tornare agli antichi fasti.

ad esempio ricordo - e ogni tifoso ricorda - quando l’anno 2012 segnò l’addio simultaneo di inzaghi, nesta e gattuso (i cosiddetti “senatori”) al milan, evento che aprì una crisi che avrebbe impiegato quasi dieci anni a rimarginare.

ecco, culturalmente parlando ci troviamo nel pieno del ricambio generazionale. in un tempo concentrato ci sta dicendo addio una cospicua parte di senatori del novecento delle arti, aprendo una ferita - qualitativa innanzitutto - che richiederà alcuni anni per rimarginare. soltanto il cinema nell’ultima settimana ha detto addio a godard e, oggi, a woody allen, che ha annunciato di voler rinunciare al suo ruolo di regista per dedicarsi a scrivere romanzi. per rimanere entro i confini nazionali, soltanto nel 2018 ci aveva salutati bertolucci, mentre morricone era mancato nel 2020, due perdite monumentali che hanno lasciato il paese orfano di eredi e in balìa di un cinema fragilissimo e disaffezionato. ma per la letteratura non è diverso, se pensiamo a una delle prime vittime eccellenti da covid, sepúlveda, e a marías che ci ha lasciati soltanto pochi giorni fa.

non è né bello né brutto, sia chiaro, è triste se mai, ma fa parte della vita, e la maggior parte di questi personaggi ha vissuto un’esistenza - se non altro sul piano professionale - lunga e felice. eppure possiamo facilmente notare, ad esempio, come gli addii di federer e della williams al tennis giocato lascino lo sport in ottime mani (il che non significa chiaramente che non ci mancheranno), ma lo stesso non si può dire per altre discipline.

e lo so che l’associazione tra cultura e sport non è ortodossa e farà storcere il naso a qualcuno, ma sono certo che ciascuno potrà trovare le debite similitudini nel proprio settore: il novecento che ci lascia è una perdita come - temo - non vale ugualmente per ogni secolo trascorso. si sentivano tanto impoveriti ai primi dell’ottocento quando i predecessori del XVIII secolo cedettero il passo? forse non lo sapremo mai. eppure la mia sensazione è che questa generazione spesso faccia di tutto per rimpiangere quella dei propri genitori, più felice, più ricca, più innovativa, più indipendente. ma è poi veramente così? non ha questa generazione anche i suoi sinner - per rimanere sulla metafora tennistica - o i suoi xavier dolan, le sue marcolongo, i suoi mahmood e i suoi cognetti?

e sebbene il ricambio generazionale sia sofferto e il distacco doloroso, non è forse possibile che la mia generazione stia semplicemente tentando di riconsolidare lo spirito di spogliatoio, l’intesa di gioco, l’equilibrio di ruoli, perché il nuovo assetto possa tornare agli antichi fasti?

infondo la scorsa stagione il milan ha vinto lo scudetto dopo dieci anni, e lo ha fatto con la formazione più giovane di tutta la serie a.

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