beato chi s’a fà, la sostenibilità

si è concluso oggi il salone della csr e dell’innovazione sociale, che come ogni anno da dieci anni ha avuto luogo in bocconi a milano. come agenzia abbiamo voluto partecipare, principalmente perché si tratta di un’occasione per misurare la temperatura del mercato da un lato e per fare rete dall’altro. la scelta del termine “salone”, che rimanda all’universo fieristico e quindi espositivo, non avviene a caso, trattandosi di un momento di esposizione vera e propria, di vetrina quindi, in cui aziende e brand possano di fatto raccontare la propria attività nel contesto degli esg e della responsabilità sociale. generalmente i panel, che sono moltissimi, sono assemblati per area tematica e moderati da figure di settore e giornalisti.

sebbene dunque il format sia coerente e inattaccabile sul piano lessicale, trovo un peccato che il modello non si sia aggiornato rispetto a una tematica che, invece, potrebbe qui trovare un terreno di confronto più interessante. nell’arco degli ultimi tre giorni ho quindi raccolto alcuni pensieri (non richiesti, ça va sans dire, ma pazienza).

prima considerazione: nell’epoca “post” covid, non ammettere domande dal pubblico in conclusione dei panel risulta anacronistico rispetto ad un evento fruibile sia digitalmente sia dal vivo; a questo punto vale forse la pena di seguire gli interventi da remoto e risparmiarsi l’impaccio della presenza.

seconda considerazione: se uno degli scopi del partecipare ad un evento simile è quello di fare conoscenza per stringere nuovi rapporti professionali, non dare la possibilità di confronto mi nega l’opportunità di conoscere il parere di un pubblico che altrimenti risulta muto e uniforme, mettendomi nelle condizioni di interfacciarmi esclusivamente con coloro che già conosco.

terza considerazione: la sostenibilità è un tema che dovrebbe risultare scomodo, il cui dibattito avrebbe l’obbligo di risultare appassionato, muovendo coscienze e opinioni, stimolando un confronto vivissimo; il dominio sulla scena da parte dei brand è forse un poco bizzarro, specialmente se sprovvisto della selezione all’ingresso e di un fact-checking a monte, un evento come quello del salone potrebbe facilmente prestarsi a comoda tribuna per greenwashers. forse anche uno solo dei tre giorni potrebbe essere dedicato al dibattito profit-non profit, cittadinanza-istituzioni, associazioni-gruppi d’interesse? ne gioverebbe la kermesse.

ultima considerazione: il merchandising o lo si fa o non lo si fa; se si vuole fare una scelta sostenibile (dove meglio che qui?) allora il merchandising non si fa. darlo soltanto ai relatori è una scelta curiosa, dal momento che ai giornalisti non è stata consegnata nemmeno una cartella stampa, ai partecipanti neanche quaderno e matita. ma questa è una quisquilia.

l’evento è certamente interessante, anche se sproporzionato sul punto di vista aziendale (infondo siamo in bocconi e la parola d’ordine è “business”), ma il margine di implementazione è notevole: credo soltanto che la tematica meriti un approccio più corale e variegato. all’anno prossimo! (mi dovrò ricordare di portarmi un bloc notes)

parole: 470

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