ospiti

alle cinque di questa mattina mi sono svegliato di soprassalto. dalla finestra ho visto il buio riflesso su due stalattiti di ghiaccio. crat crat crat sento un rumoreggiare, proprio sopra di me. per ovviare al freddo - la casa ci sta mettendo qualche giorno a prendere temperatura - stiamo dormento nel soppalco e le travi del tetto si trovano a un metro abbondante dal mio naso. crat crat crat. la mia mente cittadina pensa, tra il lusco e il brusco, a un ladro; poi, dopo un secondo, la stessa mente cittadina pensa a un cerbiatto sul tetto. come ci è salito un cerbiatto sul tetto? crat crat crat l’onomatopea finalmente prende forma: qualcuno o qualcosa sta grattando sopra di me, tra me e il tetto, tra la neve e il sottotetto, insomma, tra me e quello che sta sopra di me, e lo sta facendo in maniera insistente, nervosa, quasi disperata. ricordo che prima di andare a letto ho acceso la ventola manuale del camino che dovrebbe distribuire il calore nelle stanze e siccome nei giorni precedenti avevo lasciato accesa l’altra ventola, che risponde al comando automatico, mi vien da pensare che ci sia qualcosa (qualcuno mi pare improbabile - un fantino?) nelle condutture dell’aria; qualcosa che si sia svegliato bruscamente - me lo immagino sbattere di soprassalto la testa contro le lamiere delle condutture, con la stessa violenza con cui mi sono svegliato io - e infuriarsi con tutta la foga che gli è concessa dalla sua ridotta stazza e dallo spazio angusto.

insomma, dopo lo spavento mi rimane soltanto la curiosità di scoprire chi sia il mio peloso inquilino (non può che essere peloso, giusto?), ma soprattutto comincio ad arrovellarmi - dopotutto sono le cinque del mattino - sulla questione più importante, ovvero: “chi è l'intruso qui tra noi? chi l’ospite?” perché mi pare quantomeno scorretto attribuirmi anche il diritto di condannare il coso a interpretare il ruolo dell’infiltrato. se infondo la casa è rimasta disabitata per oltre un anno e io ho firmato le carte dal notaio soltanto venerdì scorso, allora è legittimo credere che lui sia qui da ben prima di me. che faccio, lo sveglio? busso delicatamente sulla trave; il rumore cessa. accendo la torcia col timore di scoprire due occhi sgranati che mi fissano, ma vedo solo il legno della trave. busso ancora. niente. spengo la torcia e mi riattorciglio nel piumone, con la speranza che le presentazioni siano state fatte e che ora ognuno possa tornare al proprio riposo. ma ovviamente, dopo pochi istanti, crat crat crat qualcuno ha ancora due paroline da dirmi e così continuiamo a dialogare attraverso il filtro arboreo, io bussando, lui grattando. infine, il sonno ha la meglio e, dopo quasi un’ora di chiacchiere suonate mi addormento.

al mattino, grazie a veloci ricerche sull’internet, giungiamo alla conclusione che si trattasse di un ghiro e l’internet ha le idee chiare in merito: il ghiro deve andarsene; con le buone o con le cattive. scorriamo la lunga galleria di immagini su google che ritraggono questi topi grassottelli e col nasone, quasi sempre dormienti, appallottolati su sé stessi durante il lungo letargo.

con le cattive? inteneriti (nonostante la minaccia sia chiara: i ghiri mangiano il legno e indeboliscono le travi, mettendo a repentaglio la tenuta stessa della casa), decidiamo di concedere all’inquilino il beneficio delle ventiquattrore e intant gli diamo anche un nome: diego.

io vado a dormire, diego. fai il bravo và. intanto ho rimesso la ventola automatica, che non si sa mai.

parole: 583

Indietro
Indietro

corsi e ricorsi

Avanti
Avanti

si vede malpensa