appendice [4]

Ci sono cose alle quali, se non prendi in considerazione di morire, non pensi. Tipo notificare dove hai parcheggiato la macchina, oppure lasciare un biglietto con scritto da chi hai lasciato il cane prima di partire per un viaggio. E se non lo dici, gli altri non lo sanno. Quindi Molly, incrocio tra un Samoiedo e un Staffordshire, si trova da qualche parte a Stoccolma. Ma poi forse neanche a Stoccolma. Chissà. 

Non avendo accesso al telefono di mio suocero è difficile risalire alla persona cui l’ha affidato. 

È così che abbiamo impegnato la notte prima della partenza: a cercare Molly. 

Diana intanto si spreme le meningi e ci scrive possibili indizi, anche se poi a ogni partenza, Molly la lasciavi da qualcun altro.

Si può poi pensare a queste cose? “Nel caso mi succeda qualcosa la macchina l’ho lasciata lì, il cane lì, la password del computer è...” Nemmeno io, che su queste cose sono maniacale, arriverei a tanto. Sarebbe poi vita? fare i conti a ogni istante con un fato che potrebbe affacciarsi e strapparti a una routine di scontatezze e  trallallà. 


Il processo è tutt’altro che scontato, ma alla fine la troviamo. Le scrive su Facebook, quella risponde. Si chiama Anna e abita fuori Stoccolma. Non abbiamo idea di chi sia, né del perché abbia il cane. 


Due giorni dopo il nostro arrivo andiamo a prendere Molly, che è proprio una cagnolina coi fiocchi, gli occhi vispi e intelligenti, le orecchie lunghe che ruotano attente su loro stesse come periscopi; é principalmente bianca, con macchie grandi e piccole distribuite sul pelo corto come se le fosse cascato addosso un calamaio. Nei movimenti ha un’irresistibile goffaggine che la fanno sembrare una cucciola sebbene abbia già sette anni. 

La casa di Anna è come tutte le case a schiera della periferia di Stoccolma: due piani, soffitti bassi, muri bianchi, giardino - con orto - sul retro, poche cose in giro. 

Anna piange stringendoci la mano. Sa tutto di noi, lei e Stefan erano molto amici e lui le raccontava tutto. Noi non ne avevamo alcuna idea; nemmeno Diana. 

La situazione dovrebbe creare un certo imbarazzo, ma la mezz’ora che trascorriamo nel suo soggiorno, schiacciati tra quelle pareti troppo strette, scivola via tra tè e biscotti e qualche resoconto tecnico su ciò che si sa e ciò che non si sa dell’incidente. 

Alla fine salutiamo, prendiamo il cane e ce ne andiamo. 

È la prima volta che ci rendiamo conto che molte cose, di mio suocero, non le sapevamo. 


***

La presenza di Molly tra le quattro mura dell’appartamento di Bromma avrebbe costituito il più solido conforto alle mie giornate da allora in avanti. 

Io che un cane non l’ho mai avuto, ho poi legato con quella creatura in un modo viscerale, facendomi io solo responsabile delle tre passeggiate quotidiane per i suoi bisogni. Avremo collaudato in poche settimane un percorso ben definito intorno al quartiere, passando sul lungo lago e raggiungendo infine una radura sempre deserta, in cui le avrei lanciato una pallina da tennis fino a quando, esausta, lei non si sarebbe stufata, smettendo di riportare indietro la palla e accovacciandosi nell’erba umida; solo allora le avrei riagganciato il guinzaglio e l’avrei riportata indietro. 

Quelle tre passeggiate quotidiane si sarebbero presto protratte oltre il limite lecito, permettendomi di effettuare le lunghe chiamate a parenti e amici, per sfogarmi della situazione e aggiornarli sulle novità.


***

Molly Stefan l’aveva presa per Diana dopo che le era morta la mamma. Comfort dog, la chiamano le ragazze; e questo è, niente più, niente meno, ovvero un’anima buona, dotata di incredibile sensibilità per le sensazioni che in qualche modo deve fiutare col suo lungo muso, inseguendo la tristezza, annusandola un po’ e infine sforzandosi di lapparla via con quella bistecca rosa bagnaticcia. 

Il mio ruolo non sarà poi tanto diverso; spesso mi sentirò come Molly, deputato al comfort altrui, a intrattenere, ad abbracciare, a riscaldare, a cercare, con qualche bacio, di asciugare la tristezza dalle guance di mia moglie.

È più o meno il massimo che possiamo fare, Molly ed io, visto che non abbiamo la patente e non parliamo un’acca di svedese. 

parole: 689

Continua.

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