la sacca del diavolo
al ritorno dalla montagna, la domenica sera, ascoltavamo “la sacca del diavolo”. si trattava principalmente di un desiderio di papà, ma noi ci prestavamo di buon grado, nonostante ci lamentassimo giocosamente ogni volta che iniziava la sigla. il programma di radio popolare era (ed è tutt’oggi - apprendo ora) una rassegna di musica etnica da tutto il mondo, una carrellata di suoni percepiti dal nostro orecchio occidentale come disarmonici, frastuono, caciara, lamenti. la voce serafica di giancarlo nostrini commentava compassata le tracce, sottolineandone il pregio di strumento e di struttura.
ripenso oggi a questo appuntamento con nostalgia, cosciente a distanza di tanti anni, che si trattasse di un modo di guardare alla stranezza della varietà culturale di questo pianeta con curiosità e, al contempo, con paziente sacrificio: due caratteristiche dell’essere di sinistra - curiosità e pazienza - oggi incredibilmente démodé, risucchiate nel tran tran del tutto e subito della politica dei cinguettii, del globalismo algoritmico, così distanti dal modo di fare radio di nostrini, così distanti dal nostro modo di essere di sinistra soltanto fino a poco tempo fa.
poscritto: joe biden è il 46esimo presidente degli stati uniti d’america e kamala harris la prima vicepresidente donna (e afroamericana) della storia del paese. trump vuole portare “tutti” in tribunale, ma nessuno ha capito bene con chi ce l’abbia.
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