i mammiferi
pochi giorni fa è diventato virale, tra migliaia, un video. l’arena è quella di “a ruota libera”, programmetto che contribuisce a presidiare le trincee della noia la domenica pomeriggio su rai1.
così si descrive sul profilo di raiplay (altrimenti sembra che sia stronzo io): “francesca fialdini (boh, ndr) racconta storie di vita quotidiana fra sorprese e situazioni dai sapori diversi, il tutto all'insegna del buonumore e della riflessione. storie di persone famose e persone comuni, accomunate dall'amore e dalla positività.” credo che parli da sé, no?
ospiti in studio sono il dottor bruno vespa- per rimanere all’insegna del buonumore - e francesco barberini, classe 2007 (quindi tredici anni), ornitologo, alfiere della repubblica per meriti scientifici e divulgativi.
le intenzioni della fialdini sono chiare sin da quando introduce i suoi due ospiti: trattare bruno vespa come un luminare del giornalismo italiano (che, a scanso di equivoci, non è) e barberini come un bambino un po’ scemo di sei anni. ovviamente adottando il tipico tono del quale gli adulti si avvalgono per rivolgersi agli infanti, scandendo esageratamente le parole, sottolineando ogni emozione con espressioni del volto e marcando stati d’animo (che in verità non provano) con enfasi fuori luogo.
per rendere l’idea, ecco come esordisce la fialdini: “e adesso questo piccolo palco sta per trasformarsi in realtà in un salotto letterario di altissimo livello (solleva le braccia per sottolineare quanto sia alto il livello, ndr), perché abbiamo il piacere di avere con noi un caposcuola del giornalismo italiano, bruno vespa, accompagnato da un esperto ornitologo, francesco, di soli 13 anni.”
il format della puntata gode di robusta struttura: affiancare i due ospiti, facendoli intervistare a vicenda e presentare i loro due libri in uscita a ridosso del natale - e qui comincia la tragedia, perché mentre francesco barberini ci racconta della sua ultima pubblicazione (ne ha cinque all’attivo) in cui illustra il passaggio evolutivo compiuto dai dinosauri agli attuali uccelli, il “caposcuola del giornalismo italiano” ci propone la sua ultima fatica intitolata “perché l’italia amò mussolini” (edito da railibri e mondadori) sugli anni del consenso. un minuto di silenzio per lo sconosciuto autore del programma che deve aver trascorso un 2020 particolarmente burrascoso.
a peggiorare la situazione di partenza c’è che il libro del giovane francesco - che ormai anche un idiota avrebbe capito essere un ragazzo fuori dal comune per la sua età - reca una prefazione di piero angela (che non scriverebbe una prefazione a vespa nemmeno se lo minacciassero di far saltare per aria la valle dei re) di cui è personalmente amico.
bene, tutto è apparecchiato per il disastro.
“hai l’onore di stare davanti a un’icona del giornalismo italiano,” istruisce la fialdini il povero francesco, manco il tempo di sedersi. lui però è di un’educazione e di una pazienza disarmanti - probabilmente non vede l’ora di poter parlare dei suoi uccelli - e sorride e annuisce, tollerando che gli si rivolga come le sciure parlano coi barboncini.
non si capisce poi a cosa sia dovuta tanta ammirazione da parte della fialdini per vespa, che sarebbe giustificata solo nel caso bruno le avesse a suo tempo pagato la retta dell’università.
infondo la sinossi del programma su questo è estremamente chiara. insomma, consiglio al lettore: “cerca qualcuno che ti guardi come la fialdini guarda vespa” o come piero angela guarda il sarcofago di ahiram, per intenderci.
ad ogni modo.
fialdini e vespa scelgono di ignorare per il momento l’ornitologo alfiere della repubblica e di dedicarsi invece alla promozione del libro sull’era del consenso. ovviamente fuori da qualsiasi contesto logico, vespa ci illumina sulle ragioni che hanno consegnato l’italia tra le braccia di mussolini. quali sono queste ragioni? da “caposcuola del giornalismo italiano” bruno ha chiaramente la sua teoria e cioè: “per sfuggire alla repubblica sovietica”. siamo al minuto 2:57 e già ci sono bastanti ragioni per prendere il computer e scagliarlo dalla finestra. eppure siamo tutti curiosi di giungere al punto del programma che è diventato virale, giusto? quindi nervi saldi e guardare avanti. dunque, cazzata cazzata cazzata cazzata, ci avviamo all’esaurimento del siparietto commerciale. “devi sapere, francesco, che negli anni ’70 l’italia ha attraversato un periodo di austerity,” educe la fialdini e il buon francesco annuisce ancora paziente “lo so, lo so”, conscio del fatto che l’unica in studio a non saperlo fosse probabilmente proprio la fialdini. cazzata cazzata cazzata cazzata, arriviamo finalmente al momento in cui - passando dal duce all’ornitologia - è il turno di francesco di raccontarci com’è nata la sua passione. in un italiano che il ministro degli esteri della repubblica italiana si sogna la notte, barberini presenta il suo curriculum, che pur non comprendendo dirette estenuanti sulla cronaca nera e lecchinaggi ai potenti di turno, non può che far impallidire qualsiasi avente diritto di voto in studio. “sono molto curioso, per questo ho cominciato a leggere e scrivere prima ancora di andare a scuola.” applausi ammirati. fialdini: “ora, come accade nei veri salotti letterari, vorrei che gli autori entrassero in confidenza e interloquissero tra loro. francesco ha una bellissima domanda per bruno vespa.” bruno vespa, non lo si vede distintamente, ma comincia a sudare sotto il dolcevita.
eccoci entrare nel vivo del momento clou di questo rendez-vous, che avrebbe dovuto rientrare nel mediocre varietà del servizio pubblico e che invece si trasforma per magia nel palcoscenico in cui innegabilmente avviene il passaggio di consegna tra due generazioni: quella di bruno vespa e quella di francesco barberini.
“come si fa ad intervistare i potenti della terra per educare la gente al rispetto della natura?” chiede il giovane francesco. grave ingenuità del povero barberini, che essendosi sentito sciorinare i grandi meriti della lunga carriera del giornalista, immagina che questi abbia svolto la professione come ci si aspetterebbe da una figura tanto rispettata.
si tratta di una domanda dirompente nella sua semplicità e chiarezza, una questione con la quale tanti appartenenti alla generazione di greta thunberg si sono misurati, alla quale tuttavia bruno vespa sceglie di rispondere così: “sai, ci vuole sempre un po’ di determinazione e un po’ di fortuna.” ecco, fortuna. dunque succede l’impensabile: vespa non entra nemmeno per un attimo nel merito della domanda posta da barberini e decide invece di raccontare della volta in cui - per puro culo - si è ritrovato a intervistare un cardinale polacco e quello in seguito si è rivelato essere il futuro papa wojtyla (con tanto di video di repertorio di un giovane vespa con bistecca anni ’70), farcendo il racconto, ça va sans dire, di sciocchezze anticomuniste. neanche un plissé, risposta elusa senza eleganza, mai accennato a natura o clima, né attualità di sorta. la ricetta del successo secondo bruno vespa? ha il sapore di un consiglio alla antonio razzi: “amico mio, che te ne fotte di studiare, fatti trovare nel posto giusto al momento giusto, te lo dico da amico”. si comincia a leggere una certa delusione negli occhi del giovane ornitologo.
e ora arriviamo al dunque.
tronfio di essersi fatto - non richieste - nuovamente le pippe da solo, tocca al gran visir del giornalismo italiano rivolgere una domanda al giovane prodigio.
bruno vespa: “cinque libri, tutti sugli uccelli - perché gli uccelli e non un altro tipo di animale? e quali uccelli? quelli semplici, canarini, rondini, oppure gli uccelli quelli più misteriosi (abbassa di un’ottava la voce, come si fa raccontando le fiabe a un neonato, ndr) come i pipistrelli, che sono diventati purtroppo di gran moda, perché potrebbero averci portato il covid.”
mani giunte nella posa che ha contraddistinto la sua illustrissima carriera - controcampo su francesco barberini, che si trova in imbarazzo nel dovergli far notare che (rullo di tamburi) “innanzitutto i pipistrelli sono mammiferi”, agitando la mano come a dire “se proprio vogliamo dirla tutta”. gelo in studio. “sì, certo…però..però…” borbotta frastornato brunone nazionale con la stessa lucidità di george foreman in zimbabwe al quarto round. conscio che si tratta della stessa identica domanda che gli è stata rivolta all’inizio del programma, sospira barberini e ricomincia a raccontare di come gli è nata la sua passione, ma intanto è scesa una cappa di imbarazzo sullo studio di “a ruota libera”, mentre si sentono solo i passi mesti dell’autore del programma che sta andando a rassegnare le dimissioni all’emittente. la fialdini ora non sorride più, niente più mimiche, niente più atteggiamento da adulto supponente, è crollata la maschera. tredicenne - 10, servizio pubblico - 0, suona ripetutamente la campanella, vespa al tappeto si aggrappa alle corde per capire cosa l’abbia colpito. il futuro, l’ha colpito; e l’ha colpito forte, in pieno volto, con la grazia di una libellula o, meglio, con l’eleganza di un uccello esotico, dal piumaggio colorato e spaventoso al tempo stesso.
da questo momento in poi qualcuno si dev’essere ricordato che ci troviamo soltanto a metà del programma - che è in diretta - e non c’è pubblicità né sigla a dare respiro: il copione è già scritto e va seguito. ed è impietoso nei confronti di vespa.
la fialdini introduce dunque la seconda parte del programma: “devi sapere, caro francesco, che il dottor vespa sa tantissime cose (ahia! ndr), ma è molto appassionato di vini (che, di nuovo, non c’entrano una mazza con niente, né con gli uccelli, né col papa, né con mussolini, ndr), quindi a te farò vedere delle foto di uccelli, mentre al dottor vespa… lo vediamo subito.”
di base (è davvero poco interessante) quello che succede ora è un patetico siparietto a quiz, in cui all’ornitologo vengono mostrate immagini di uccelli, dei quali deve indovinare la razza (spoiler scontato: li conosce tutti, nomi latini compresi), mentre al conduttore di porta a porta vengono mostrate immagini di luoghi in italia, che lui deve ricondurre al vino che vi viene prodotto.
il tenore dunque dei minuti di grande televisione che seguono è questo:
francesco barberini — “la ghiandaia siberiana ho avuto occasione di vederla durante i miei viaggi in finlandia, al circolo polare artico, ed è stato molto bello perché si può avvistare anche da molto vicino, può anche venirti sulle mani. questo perché in quei luoghi l’approccio dell’uomo alla natura è molto diverso dal nostro: da sempre i popoli sami che abitano quelle foreste hanno venerato la natura, non cacciando in eccesso e di conseguenza gli animali di quel luogo non vedono l’uomo come un possibile predatore. questo ci deve far capire che, nonostante l’italia sia stata a lungo un luogo dove la caccia è stata una tradizione, è fondamentale stabilire un rapporto nuovo con la natura, anche per noi stessi.”
bruno vespa — “a che cosa possiamo accompagnare il nero d’avola? è un vino che ha avuto tante evoluzioni: prima era molto duro e invece adesso è molto ammorbidito, ma direi soprattutto per i pranzi a base di carne. è abbastanza corposo.”
è uno spettacolo raccapricciante davvero e che non può non mettere a disagio, osservando la boria di un uomo profondamente fuori posto, scalzato - nonostante il lunghissimo pelo sullo stomaco maturato in cinquant’anni di dirette televisive e pastasciutta a saxa rubra - dal candore di un tredicenne che, semplicemente, sa. sa di avere una passione e di volerla perseguire nonostante gli adulti continuino a trattarlo come un deficiente e gli ripetano che un futuro non c’è. sa che il clima sta andando a puttane e che non potrà fare affidamento sull’aiuto di una generazione che, gira e rigira, del disastro attuale è stata la principale causa e ora non si degna neanche di rispondere alle domande di chi reclama responsabilità sociale. franscesco, come la thunberg, sa che è da solo, e che se vuole cambiare le cose dovrà rimboccarsi le maniche e farlo da solo, perché il suo sogno è fare il divulgatore scientifico, ma alla rai spendono decine di migliaia di euro per imbrattare il palinsesto con programmi come “a ruota libera”, per raccontare “storie di persone famose e persone comuni, accomunate dall'amore e dalla positività.”
all’ultima domanda della (stravolta) fialdini - “perché dovremmo leggere il tuo libro?” - la risposta dell’ornitologo è questa: “se la natura la conosci, la ami e se la ami la proteggi.” sipario, titoli di coda, applausi di venti minuti.
il programma si conclude con un video tributo di piero angela stesso che elogia il giovane barberini, spronandolo a non mollare e a perseverare nei suoi studi e nelle sue passioni. piero angela, non un berlusconi qualsiasi.
tutti sotto la doccia, come dicono i cronisti sportivi a fine partita.
non esagero quando dico che questo momento di bassa televisione rappresenti qualcosa di incredibilmente più grande. ne scriveva già serra ormai sette anni fa abbondanti nel suo “gli sdraiati”, profilando con ironia una guerra mondiale tra giovani e anziani, i quali (facendone egli stesso parte) combatteranno sapendo di essere nel torto e che dovranno invece essere i giovani a trionfare, poiché è "la bellezza che deve vincere la guerra. la natura deve vincere la guerra, la vita deve vincere la guerra. voi giovani dovete vincere la guerra.”
se nella pastorale americana di roth la generazione dei nostri genitori - balbuziente e sofferente - non trovava altro modo di combattere l’anziano establishment che con la violenza nuda e cruda, oggi ci troviamo di fronte a una ribellione generazionale che di violento non ha nulla, anzi, dietro a questa presunta patina di pigrizia e indolenza che le viene attribuita (da grandi professionisti della risma di bruno vespa), nasconde una passione incrollabile, la cui arma più grande sono la coscienza e la conoscenza cui le generazioni precedenti non avevano accesso. una rivoluzione fatta con saggezza e competenza, armati tuttalpiù di cartelli di cartone colorati con slogan scritti a pastello.
trattarli come bambini non ha senso: i tredicenni di oggi non sono i durmenta che eravamo noi alla stessa età, ma esseri umani sgamati e attenti, sfacciati e ambiziosi, perché troppo presto hanno già dovuto capire che dovranno arrangiarsi per farsi artefici del loro destino. e non è solo francesco barberini che è un prodigio, ma si tratta delle centinaia di migliaia suoi coetanei che quest’anno sono rimasti chiusi in casa attaccati al computer e che nel 2021 torneranno nelle strade e nelle piazze delle città di tutto il mondo a reclamare giustizia e futuro.
parafrasando salvini: caro vespa, caro “caposcuola del giornalismo italiano”, la pacchia è finita: il pipistrello è un mammifero e tu avrai anche intervistato papa wojtyla e bevuto un sacco di montepulciano, ma il tuo tempo è finito.
“corro a comprarmi il tuo libro,” sorrideva vespa dopo la gaffe per sciogliere il ghiaccio. ma la verità - e sarebbe miope negarlo - è che vespa davvero dovrebbe comprare il libro di barberini, mentre francesco, di “perché l’italia amò mussolini”, può fare benissimo a meno.
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