fisicamente casa
“in nessuna / parte / di terra / mi posso / accasare.” il girovago di ungaretti è una di quelle poesie che non riesco mai a togliermi dalla mente. quando anni fa la inserivo nell’esame di maturità mi illudevo che riguardasse un’irrequietezza da viaggiatore che, in cuor mio, sapevo che non mi apparteneva; di fatto ho scoperto negli anni che quei pochi versi mi colpivano perché esprimevano la mia inquietudine per l’impossibilità di sentirmi a casa in qualunque posto.
qual è casa? fisicamente casa, intendo, e non dove sono coloro che amo; dove possa sentirmi protetto e amato dalle nude pareti, dalla terra, dalle nuvole di un luogo per il solo fatto di sapere che quel luogo è mio. soltanto mio.
“e me ne stacco sempre / straniero”
esiste davvero un pezzo di terra che sia nostra? non per assuefazione, non per disperazione, non per diritto né proprietà, ma nostro perché è essa a reclamarci e non viceversa?
arrivederci toscana. forse che sei stata proprio tu a scegliermi, prima ancora che piangessi, quel giorno, consolato dai miei, al primo respiro in questo mondo?
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