facile.italia
perché in italia niente è facile, tranne non venire condannati unanimemente se il tuo hobby preferito è drogare e stuprare donne. e se hai tanti soldi, ça va sans dire — altrimenti sei un mostro.
che venga derubricata a perversione causata dalla tossicodipendenza, l’attività extra-professionale di alberto genovese (del quale, solo in aprile, forbes chiosava “non gli piace stare fermo”), continuando a decantarne, infondo, d’altronde, le grandi doti imprenditoriali, è un comportamento anti-etico da parte del nostro giornalismo che, specialmente nel 2020, non ha brillato per condotta.
questo reiterato giustificare, in maniera velata, quella fragilità che piccolo definiva “l’animale che mi porto dentro”, o che lewis c.k. (ops!) in uno dei suoi memorabili stand-up definiva “of course - but maybe”, è un modo tutto nostro del quale, ormai, l’italia del XXI secolo dovrebbe aver imparato a fare a meno.
la tentazione di dubitare delle vittime, persino di fronte alle più evidenti prove (ci sono i video), rientra in una fallibilità ormai comprovata del nostro giornalismo, incapace a quanto pare di fornirci i semplici fatti (come se un panettiere si rifiutasse di venderci il pane) e che, invece, si sente in diritto di personalizzare (o peggio - di empatizzare) l’oggetto della notizia, come in un tweet qualsiasi.
a ben pensarci, questo infinito processo di riqualificazione è ben radicato nella nostra cultura che, perfino di fronte alle più grandi nefandezze, scagiona i carnefici a suon di “ma ha fatto anche cose buone”.
arriveremo, di questo passo - ne possiamo stare certi - a scagionare anche il virus un giorno, che - of course - ha ucciso decine di migliaia di italiani producendo sofferenza e mettendo l’economia in ginocchio, but maybe ci ha privati, almeno per un anno, di quella grandissima rottura di coglioni che è il natale. ad esempio.
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