zombie [2]

ciò che inizia in rabbia finisce in vergogna.

— benjamin franklin

il non morto si riconosce dalla carne decomposta. specialmente i morti in mare, che ora gonfi, la pelle violacea e tesa, temono di scoppiare in una bolla d’acqua fetida al contatto con ogni scoglio. 

sì, prova timore un non morto, come è capace anche di tristezza, di invidia, di frustrazione, di gelosia. ma è la rabbia a muovere i non morti, che dunque non sono capaci di compassione, né di perdono, né di sorpresa, né di gioia. 

perché è la vendetta a muovere i non morti. e la vendetta, è cosa risaputa, ci contraddistingue nel modo peggiore come esseri umani. 

se un non morto vuole dunque vendetta, la avrà, poiché nessun sentimento benigno potrà mai impedirgli di ottenerla.

il non morto si riconosce dalla carne decomposta, non dal ragionamento né dal pensiero, che è invece lucido, cristallino. la difficoltà che riscontra nei movimenti è data soltanto dalla decomposizione della carne, sebbene non ne provi dolore; 

non prova dolore fisico, un non morto, perché se c’è qualcosa che è stato capace di dimenticare — nel passaggio dalla vita alla morte e dalla morte alla vita — quello è proprio il dolore della carne che, per quanto squarciata, ferita, umiliata, maltrattata, tumefatta, è ora un nudo involucro capace soltanto di comprendere rabbia cieca e odio e smania di castigo. 

non è diverso in questo dal non morto resuscitato in montagna che, sebbene non contraddistinto dal medesimo gonfiore — ma, anzi, da indicibile magrezza — è capace del medesimo livore e solo a tale livore è devoto. 

si riconoscono dunque a un primo sguardo, i non morti; com’eravamo abituati a riconoscerli dal colore della pelle, a disprezzarli, a vilipenderli, ad evitarli per il colore della loro pelle, così ora non possiamo che riconoscerli per la loro pelle offesa. non nera, né bianca, né marrone, né gialla; perché ciò che è tornato alla vita non possiede i colori della vita. 

parole: 322

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